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di Mariateresa Conte

Valva – “Non credo più nella giustizia”. Commenta così, l’ordinanza di archiviazione nei confronti di 22 indagati nell’inchiesta madre sul disastro della tragedia dell’hotel Rigopiano, Alessio Feniello, papà di Stefano, il 28enne originario di Valva, nel salernitano, deceduto insieme ad altre 28 persone, sotto le macerie del resort abruzzese travolto da una slavina il 18 gennaio 2017.

Provvedimento che è stato pubblicata poche ore fa, a firma del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, archivia le posizioni di 22 persone indagate nella tragedia del resort, a vario titolo per omicidio plurimo, disastro colposo, ecc.

A chiederne l’archiviazione infatti, erano stati il procuratore capo Massimiliano Serpi e il sostituto procuratore Andrea Papalia. Richiesta a cui però, si erano opposti i legali dei familiari delle vittime, ma ieri il Gip ha respinto le opposizioni e ha disposto l’archiviazione delle accuse verso i 22 indagati, ritenendo gli elementi investigativi “irrilevanti”. “Non si ritiene – scrive il Gip nelle motivazioni della sentenza di circa 100 pagine – che gli elementi investigativi indicati negli atti di opposizione, in quanto irrilevanti – sottolinea – possano incidere sulle risultanze investigative, precise ed esaustive, raccolte dal pm, non potendo sminuire le considerazioni da questi assunte nella richiesta di archiviazione e condivise da questo giudice. Pertanto – conclude – può affermarsi che le risultanze investigative non permettono di sostenere l’accusa in giudizio“.

Motivazioni che hanno portato il giudice ad archiviare le posizioni degli ex governatori della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi; degli assessori alla Protezione civile, Tommaso Ginoble, Daniela Stati,  Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca; dell’ex sottosegretario alla Giustizia, Federica Chiavaroli; della funzionaria della Protezione Civile, Tiziana Caputi; dell’ex vice presidente della Regione Abruzzo, Enrico Paolini; dell’ex direttore generale della Regione Abruzzo, Cristina Gerardis; del direttore del Dipartimento di protezione civile per tre mesi nel 2014, Giovanni Savini; del responsabile della sala operativa della Protezione civile, Silvio Liberatore; del dirigente del servizio di Programmazione di attività della protezione civile, Antonio Iovino ; del direttore del Dipartimento opere pubbliche fino al 2015,  Vittorio Di Biase e  del responsabile del 118, Vincenzino Lupi. Resta invece, imputata nel processo relativo al depistaggio delle indagini “Rigopiano bis”, mentre la sua posizione è stata archiviata nel processo madre, la funzionaria della Prefettura di Pescara, Daniela Acquaviva, nota per aver risposto “la mamma degli imbecilli è sempre incinta” alla telefonata di allarme lanciato dal ristoratore Quintino Marcella. Archiviazione solo per alcune ipotesi di reato anche per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, per il consulente incaricato di adempiere le prescrizioni per prevenzione infortuni, Andrea Marrone, per il legale responsabile della Gran Sasso Resort, società che gestiva l’hotel, Bruno Di Tommaso e per il dirigente della Protezione civile, Carlo Giovani.

Non si ritiene che gli elementi investigativi indicati negli atti di opposizione, in quanto irrilevanti – scrive il Gip – possano incidere sulle risultanze investigative, precise ed esaustive, raccolte dal pm, non potendo sminuire le considerazioni da questi assunte nella richiesta di archiviazione e condivise da questo giudice. Pertanto può affermarsi che le risultanze investigative non permettono di sostenere l’accusa in giudizio”, ha scritto il giudice nel dispositivo della sentenza che ha fatto cadere le accuse in un documento di 78 pagine.

Respinte anche le richieste di opposizioni all’archiviazione per l’ex prefetto Francesco Provolo, per la funzionaria della Prefettura, Federica Chiavaroli e per la  funzionaria della Protezione civile, Tiziana Caputi, accusati tutti e tre, per aver comunicato erroneamente alla famiglia Feniello, il nome di Stefano inserito nell’elenco dei sopravvissuti alla slavina e comunicato ai parenti, insieme ad altri cinque nomi dei superstiti tra cui quello della fidanzata del 28enne, quest’ultima  estratta viva dalle macerie, Francesca Bronzi. Errore che però, non venne mai comunicato alla famiglia salvo rivedere il corpo del 28enne privo di vita, su un tavolo di acciaio dell’obitorio dell’ospedale di Pescara. Errata comunicazione che ha comportato oltre al dolore, anche un doppio trauma per la famiglia del 28enne e sul quale il legale dei Feniello, l’avvocato Camillo Graziano, ha presentato una fitta documentazione medica al Gip, attestante il problema. Secondo il giudice però, l’errore venuto fuori dai tre funzionari sarebbe stato a fin di bene e i tre non avrebbero avuto la possibilità di poter verificare di persona se Stefano Feniello avesse risposto da vivo all’appello dei soccorritori, sarebbe da considerarsi in buona fede e dunque, archiviarlo.

Intanto però, la famiglia Feniello, affiancata dal legale Camillo Graziano non si arrende e chiede verità-  “dopo questo step – racconta Alessio Feniello non credo più nella giustizia. È uno schifo – chiosa e aggiunge – alla fine – ribadisce – scommetto che i colpevoli saranno i clienti e dipendenti dell’hotel e non i responsabili”.