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Nell’ambito della quarantesima edizione del Teatro dei Barbuti, ritorna la tradizionale appendice settembrina con il “Salerno Day” che fa memoria dello storico sbarco a Salerno degli Alleati il 9 settembre 1943. Tre gli appuntamenti a cura di Eduardo Scotti in largo Santa Maria dei Barbuti. Si comincia domenica 7 settembre 2025, alle ore 21.15, con “Destinatario sconosciuto”, ispirato al romanzo di Katherine Kressmann Taylor, per la regia di Andrea Carraro. Con Fabio Gagliardi e Stefano Persiani. Suoni e luci:Ildegardo Sonzogni. Scenografia: Tina Ulrike Mittendorf.  (ingresso 10 euro).

Un caso unico della letteratura teatrale. Nel 1934, da una casuale corrispondenza tra uno studente americano ed uno tedesco, l’autrice trae spunto per una storia. L’assassinio di una giovane artista americana scatena una originalissima vendetta. Il tutto sullo sfondo di una Europa che sembra solo una fantasia e che ,invece, diverrà realtà nel 1939, con la Seconda guerra mondiale.

Lunedì 8 settembre 2025, alle ore 21.15, al Teatro dei Barbuti, per il Salerno Day va in scena “Out of bounds”. La guerra a Salerno, di Corradino Pellecchia, con Gaetano Fasanaro e Marida Niceforo, adattamento scenico di Marcello Andria (ingresso 10 euro). Salerno 1943. I bombardamenti, la vita nei rifugi, la fame, l’arte di arrangiarsi, l’8 settembre e le ritorsioni dei tedeschi, lo sbarco degli anglo-americani, il contrabbando, le senoritas, i figli della guerra, il boogie-woogie, i giorni di Salerno capitale, ul soggiorno del re e della regina a Ravello e Raito, le ansie, le paure, l’orrore e la disperazione, le tragedie familiari, ma anche la speranza del cambiamento e della pace rivivononel racconto di un genitore al proprio figlio. Per riflettere sull’assurdita’ della guerra e risvegliare le nostre coscienze, nei giorni in cui ancora una volta l’uomo ha scelto la guerra, ha scelto la morte.

Martedì 9 settembre 2025, alle ore 21.15, al Teatro dei Barbuti, per il Salerno Day va in scena “Tornerai” – parole e suoni del tempo di guerra (1940-1945). A cura di Marcello Andria e Marida Niceforo (ingresso 10 euro).

“Quando il 10 giugno del 1940 dal balcone di piazza Venezia Mussolini annuncia alla folla esultante l’entrata in guerra al fianco della Germania nazista – scrive Marcello Andria – gli italiani sono per la gran parte vicini alla radio, che è divenuta in pochi anni il principale mezzo di comunicazione e intrattenimento. Per l’orientamento dell’opinione pubblica e la propaganda politica il Regime ha puntato sull’imponente rete dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), che annovera fior di professionisti – musicisti, cantanti, attori, annunciatori – e, fra un notiziario e un discorso del duce, diffonde nelle case degli italiani le tendenze musicali correnti mediante esecuzioni, in genere dal vivo, a cura di formazioni orchestrali e interpreti di ottimo livello”. Una gradevole – quasi sempre raffinata – colonna sonora quella degli anni in questione: sul filone melodico tradizionale prevale il nuovo genere sincopato proveniente d’Oltreoceano, lo swing, che, sia pure non amato dal fascismo, domina la scena. Alberto Rabagliati, Natalino Otto, il Trio Lescano, Ernesto Bonino e tanti altri seguono le orme dei modernizzatori (come il maestro genovese Pippo Barzizza), che, attraverso la radio, diffondono in Italia l’aria nuova del jazz, del blues, i ritmi americani. Contraddistinte da una tessitura musicale spesso sofisticata, le canzoni di quegli anni in qualche modo, magari non dichiaratamente, si contrappongono con i loro testi lievi (talvolta meno ingenui di quanto appaiano) alla più rozza musica di regime, che a tempo di marcia tende ad esaltare le virtù patriottiche dell’Impero, incitando alla disciplina, alla fedeltà al duce, all’eroismo sui campi di battaglia. Di certo prevalgono incontrastate nei gusti dell’ormai vastissimo pubblico radiofonico.

Lo sbarco delle truppe alleate e l’armistizio dell’8 settembre 1943 sconvolgono l’intero sistema. La grande rete nazionale dell’EIAR è di fatto smantellata e, mentre nell’area centromeridionale si vanno diffondendo impianti indipendenti sotto il controllo degli angloamericani, al Nord rimane in piedi un sistema di comunicazione ancora presidiato dalla Repubblica Sociale Italiana. Fioriscono dovunque, tuttavia, le stazioni clandestine a sostegno della Resistenza, sull’esempio della celebre Radio Londra, le cui trasmissioni in italiano – aperte dalle prime note della Quinta Sinfonia di Beethoven – sono furtivamente, ma capillarmente ascoltate in tutta la Penisola.

Con tutte le censure e i divieti del caso, anche il varietà continua a sopravvivere nelle sale risparmiate dai bombardamenti: numeri brevi e limitatezza estrema di mezzi danno impulso alla forma povera dell’avanspettacolo, nelle cui file, tuttavia, si formano i maggiori talenti del teatro leggero e del cinema del dopoguerra. Nella Napoli occupata dalle truppe alleate, intanto, il teatro di prosa italiano inaugura una nuova, importante stagione con un evento epocale: il 15 marzo 1945 al Teatro di San Carlo va in scena l’eduardiana Napoli milionaria!, testo universale, rappresentativo dei mali e della distruzione anche morale che con sé porta la guerra ad ogni latitudine, in ogni epoca. Non la storia remota è rappresentata in palcoscenico, ma quella contemporanea, quella che scorre fuori delle porte del teatro: la Napoli corrotta, strozzata dalla borsa nera, affogata dalle amlire messe in circolazione dagli angloamericani. Fra il roboante annuncio dell’estate 1940 – che trascina il Paese nella più improvvida e sciagurata delle imprese militari possibili – e la mitica irruzione della voce di Corrado Mantoni – che nella primavera del 1945 comunica agli Italiani la conclusione delle ostilità («La guerra è finita. Ripeto: la guerra è finita»: mette ancora i brividi!) – corre un fiume inarrestabile di sofferenza, di distruzione e morte, che travolge in una immane tragedia l’Italia e l’intera Europa, riducendole a un ammasso di rovine. Punto di riferimento irrinunciabile per una popolazione che, stremata, si affaccia all’alba di una nuova era, la radio non viene mai meno al suo ruolo, continuando a diffondere nell’etere messaggi informativi e momenti di svago, commentando gli eventi salienti con il suo sottofondo ininterrotto di parole e suoni. E come la struggente Lili Marleen aveva unito nel corso delle ostilità uomini di ogni fronte, la napoletana Dove sta Zazà? sullo scorcio del conflitto amalgama con il suo ritmo babelico vincitori e vinti.

A centenario della radiofonia appena celebrato, la ricorrenza, nell’anno in corso, dell’ottantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale ci ha offerto lo spunto per un viaggio sentimentale a volo d’uccello su quel quinquennio fatale, attraverso il parziale, ma essenziale osservatorio di cui i nostri connazionali poterono avvalersi.