Tempo di lettura: 2 minuti

In un tempo in cui il silenzio rischia di diventare complicità, l’Associazione Le Botteghe di San Gregorio Armeno sceglie di esporsi con coraggio e chiarezza dalla parte della pace. Martedì 17 giugno alle ore 16:30 sarà esposto uno striscione tra i vicoli storici di San Gregorio Armeno, simbolo universale di artigianato e spiritualità napoletana e del mondo, per dire “Stop al genocidio. Due popoli, due stati”. A seguire, l’iniziativa proseguirà in Piazzetta del Grande Archivio con un confronto pubblico al quale è stata invitata la comunità palestinese di Napoli.

Gli artigiani di San Gregorio Armeno, creatori da secoli di presepi che raffigurano la Natività e la convivenza tra Oriente e Occidente attraverso la figura dei Re Magi, sentono il dovere morale di esprimere il proprio sconforto e cordoglio per la tragedia in corso in Palestina. «Siamo eredi di un’arte che incarna la vita, la pace e la speranza – dichiarano i promotori – e non possiamo restare indifferenti davanti allo strazio di civili innocenti e bambini uccisi sotto le bombe». 
L’evento non è rivolto contro un popolo, ma a favore della pace e della giustizia per tutti. «Siamo certi che anche tra gli israeliani vi siano tantissimi cittadini disgustati da questo massacro – afferma Vincenzo Capuano, presidente delle Botteghe di San Gregorio Armeno – ma proprio per questo non possiamo restare inermi mentre la storia ci chiede da che parte stare. Le immagini che vediamo ogni giorno superano il limite della sopportazione umana».

Interverranno: Jamal Qaddorah in rappresentanza della comunità palestinese, Ciro Silvestri associazione FISI, Vincenzo Capuano, presidente dell’Associazione Le Botteghe di San Gregorio Armeno, Gigi Lista, ristoratore, attivista e blogger napoletano, Edoardo Vitale, presidente di Sud e Civiltà, Emilio Caserta, giornalista e direttore del quotidiano L’Identitario

Con questa iniziativa si vuole spezzare le catene dell’omertà e lanciare un messaggio forte a tutta Napoli e a tutte le persone di cuore: non si può restare a guardare. La speranza è che il silenzio delle armi lasci spazio al rumore festante della pace, senza distinzione di popoli, religioni o culture.