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Benevento – Di seguito il comunicato del Movimento Cinque Stelle di San Giorgio del Sannio che contesta il messaggio del sindaco Mario Pepe.

“Da qualche giorno la homepage del sito istituzionale del Comune di San Giorgio del Sannio ospita un irreale comunicato. In mezzo alle informative sulle attività istituzionali dell’ente e alla promozione di qualche convegno compare una nota augurale indirizzata al “Presidente De Mita” per il “novantesimo genetliaco”. A firmarla è il sindaco di San Giorgio del Sannio che con tale gesto ha voluto testimoniare urbi et orbi il proprio immutabile affetto verso il vecchio compagno, o meglio, compare di tante vicende.
Chiunque abbia un pur minimo senso delle istituzioni comprende che si tratta di una iniziativa inopportuna, o per meglio dire illegittima. A maggior ragione lo comprende un navigato protagonista della politica e docente di lungo corso come il nostro primo cittadino. Non può non aver capito che il sito internet del Comune è la bacheca delle attività dell’ente, l’interfaccia ufficiale tra ente e cittadini, il luogo, ancorché virtuale, che ha sostituito il vecchio Albo pretorio anche a norma di legge. Non è la buca delle lettere di casa Pepe né la pagina facebook del signor Mario Pepe. Utilizzarlo a fini personali è un atto di arroganza, un abuso che andrebbe sanato con la rimozione immediata del testo se solo si avesse un minimo di residua decenza. Ma siamo certi che non accadrà: l’arroganza non conosce resipiscenza.
Non è la prima volta peraltro che il sindaco si permette di schierare il sito istituzionale a sostegno delle proprie nostalgie personali e di scritti in memoria di figure scomparse, puntualmente di un solo colore politico e della “gloriosa” Prima Repubblica che vide il Nostro ripetutamente assiso su scranni dorati. Sarebbe una violazione tollerabile soltanto se il ricordo riguardasse personalità indubitabilmente stimate dall’intera comunità cittadina, padri della Patria che hanno onorato il Paese con la loro vita. Ma non è questo il caso di Ciriaco De Mita. Non dobbiamo certo scoprire noi, qui e adesso, chi sia stato realmente il signor De Mita. Rappresentante delle istituzioni fino ai più alti livelli, certo. Ma anche membro come pochi di quella Casta che ha ipotecato il futuro dell’Italia per comprare consenso immediato. Più che “magistero di Dottrina Costituzionale”, come lo ha pomposamente definito Pepe, per noi De Mita rappresenta uno dei più chiari esempi di politica clientelare, familistica, campanilistica nel senso più becero e retrivo. Se Pepe lo ha conosciuto come “generoso nei rapporti con tutti”, a noi risultano invece innumerevoli testimonianze della presunzione sconfinata del signor De Mita, inavvicinabile signorotto dei feudi irpini foraggiati negli anni post sisma con ingenti iniezioni di risorse pagate dalla collettività. Con il risultato, noto a tutti, che l’Irpinia è additata in ambito nazionale come esempio di ricostruzione da non imitare.
Del resto, la nostra disamina è certificata da un fatto storico. Nel 2008 il signor De Mita subì l’onta della mancata candidatura alle elezioni politiche da parte del “suo” Partito democratico. L’allora candidato premier Walter Veltroni, rottamatore ante litteram, presagì quale riverbero negativo avrebbe avuto la presenza di Ciriaco De Mita sulle liste del Pd e sbarrò la strada allo statista di Nusco. Che, furente per cotanto oltraggio, pensò bene di accasarsi al primo ostello incontrato fuori dall’uscio del Pd: l’Udc. Con buona pace di anni e anni di militanza, se non addirittura di partecipazione alla costruzione della famigerata sinistra di base della Democrazia Cristiana, alla quale l’Udc reduce dai Governi berlusconiani stava come i cavoli a merenda. E questa sarebbe la “politica di alto livello rispetto alla stagione di mediocre politica che oggi viviamo”? Mario Pepe è libero di pensarla come vuole, ma non può farsi portavoce di valutazioni e sentimenti che la comunità cittadina non condivide, almeno non unanimemente. Anche perché, a dirla tutta, ricordiamo bene come il signor Mario Pepe agì quando si trattò di scegliere tra il mentore che oggi si affanna a incensare e la propria carriera politica: tempo zero, restò nel Partito democratico e lasciò De Mita alle sue ire. Salvo poi restare vittima egli stesso dei rovesci del destino e cominciare a inveire contro chi lo aveva fino a quel punto accompagnato sul carro del vincitore”.