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Napoli – Ci sono episodi che con la loro drammaticità finiscono per sanare ferite che sembravano inguaribili e a riavvicinare mondi che sembravano ormai agli antipodi. È il caso dell’ordigno che due notti fa la camorra ha fatto deflagrare davanti all’ingresso della pizzeria simbolo di Napoli, quella del maestro Gino Sorbillo. Tra le migliaia di messaggi di solidarietà espressi in queste ore ce n’è uno, in particolare, destinato a lasciare il segno. A prendere la parola è Luciano Sorbillo, cugino del più celebre Gino e anch’egli titolare di una rinomata pizzeria al Vomero, che nonostante sia stato da quest’ultimo trascinato in Tribunale per un contenzioso legato alla gestione del marchio di famiglia, sulla propria pagina facebook ha subito scritto parole di vicinanza nei confronti del congiunto.     

Ecco, dunque, il messaggio pubblicato da Luciano Sorbillo già nelle ore immediatamente successive al raid di via dei Tribunali: «Solidarietà a mio cugino per quanto ha subito, nella speranza che le istituzioni facciamo indagini serie per scoprire mandanti ed esecutori. Credo sia giusto aprire un fascicolo e delegare la Direzione distrettuale antimafia, visto che anche il precedente incendio subito cinque anni fa non ha avuto alcun colpevole». Luciano Sorbillo rivolge quindi un appello alla cittadinanza: «Un quartiere che oggi vive di migliaia di turisti, che rappresenta la Napoli risorta, non può essere omertoso, deve denunciare per il bene della città e dei napoletani. Chiunque sappia ha il dovere di parlare. Perché sempre mio cugino? Napoli sia libera dalla camorra». Rispondendo a uno dei commenti al post, Luciano Sorbillo entra quindi nel merito della questione ricordando anche gli sgradevoli trascorsi a suon di carte bollate: «Non solo io, ma anche mio fratello, mio cugino e mio nipote siamo stati portati in Tribunale, mai avremmo immaginato una cosa del genere e in questo senso dobbiamo difendere le nostre famiglie. Altra cosa è la solidarietà a favore di nostro cugino, vittima della criminalità organizzata». Come a dire, davanti alla barbarie della camorra le pizze, il business e i marchi possono anche finire in secondo piano. Almeno per una volta.