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Avellino – L’orologio si è fermato alle 19:11 di venerdì sera. “La FIGC ha escluso l’Avellino dal prossimo campionato di Serie B“. Poche righe che hanno lanciato nello sconforto l’intera tifoseria biancoverde. E non solo. Il 20 luglio del 2018 segnerà il giorno più brutto della gestione Walter Taccone. A nove anni dal fallimento dell’era Pugliese, l’Avellino, fa i conti nuovamente con delle beghe inerenti al campionato cadetto. Il tutto legato ad una fideiussione della Onix Asigurari, non è stata accettata da parte della FIGC. Nel comunicato, però, non vi è traccia delle altre due che lo stesso patron aveva menzionato nei giorni precedenti.

All’indomani della mazzata, la tifoseria, urla che non è finita. L’unico e solo spiraglio è rappresentato dal ricorso Collegio di Garanzia dello Sport verso cui si può impugnare il provvedimento e si deve fare entro e non oltre le 19 di lunedì 23 luglio 2018. Ad oggi è l’unica ancora di salvezza per l’Avellino e la B. Già la serie cadetta conquistata dopo anni di sofferenze sui campi dell’Interregionale. Oppure sudata fino all’ultimo respiro negli ultimi tre anni. Non può finire e non deve finire. L’Avellino è quella squadra capace di far innamorare i più piccoli. I più piccoli il nostro futuro. Quelli che in curva, in tribuna o dovunque urlano in coro “Forza Lupi”. E’ per loro che quella bandiera oggi sventola in cielo. 

Ad oggi è inutile puntare il dito o altro, è tempo di rimanere uniti. Probabilmente è l’unica carta che la tifoseria o la stampa può giocarsi. Compattezza. Le offese, gli insulti o tanto altro servono a poco. L’Avellino è di tutti. Non di Taccone o un pinco pallino qualsiasi. Questa squadra. Questa provincia è la stessa che anni fa il compianto Gianni Brera descriveva così: “Questa squadra, l’Avellino, è la più bella realtà del calcio di provincia della storia italiana”.

Dal piccolo esercito di Vinicio oppure all’exploit di Vignola, Tacconi, De Napoli o Zappacosta (oggi al Chelsea). E’ l’Avellino di Sibilia Iapicca e tanti altri. E’ lo stesso Avellino della traversa di Bologna. Quella maledetta traversa che ancora oggi è una ferita aperta per tutti. Al di là dei ricordi, oggi, bisogna lottare. Lottare in maniera compatta. Non può e non deve finire qui.