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Non siamo a Rione Sanità e neppure a San Giorgio a Cremano ma a Bellizzi, piccola frazione di Avellino, a due chilometri dal centro città, ridente borgo di antiche origini, sconosciuto ai più se fosse per la rappresentazione di Zeza, scenetta carnevalesca cantata e suonata caratteristica di molti paesi dell’Irpinia. Senza arrovellarsi troppo su quale sia la vera Zeza, la più antica, quella di Bellizzi sicuramente è molto conosciuta e apprezzata: innumerevoli volte è stata in tournée, oggetto di una mole notevole di studi di antropologi, storici, sociologi, linguisti, candidata a patrimonio culturale dell’umanità, ha ricevuto ultimamente una medaglia da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Si è esibita a piazza San Marco a Venezia, a Pisa, a Milano, a Verona, al “Mercante” di Napoli. Sempre applaudita tranne forse che dal Comune di Avellino. A Bellizzi, infatti, in questi mesi, dopo anni di lavori segnati dalle solite lungaggini, è in via di ultimazione, proprio all’ingresso del centro abitato, una piazza che è a mo’ di anfiteatro. Palcoscenico ideale, il presidente dell’associazione Zeza, Ernesto Spartano, ha fatto domanda per iscritto a Palazzo di città: la nuova piazza sia intitolata “Canzone di Zeza”. E sarebbe stato il minimo: le istituzioni cittadine da anni si vantano di organizzare un Carnevale che diverte proprio grazie alla partecipazione dei tanti gruppi folk che arrivano da tutta l’Irpinia. Ora, però, solo la Zeza di Bellizzi ha le sue radici nel capoluogo, godendo per la verità di modestissimo finanziamento neppure sufficiente a coprire le spese. Comunque sia, i bellizzesi non si son mai tirati indietro, accorrendo quando richiesti e autofinanziandosi: lo fanno per passione, perché si divertano, la commedia dell’arte ce l’hanno dentro. Un riconoscimento non sarebbe stato male. Niente. Anzi. Non dimentichiamo comunque che l’ opera pubblica in città ha sempre l’intoppo nonostante sia ben fatta – quasi mai -. (Esempio: il famoso cubo per accedere ai bagni della Piazza Libertà: nel suo complesso lo slargo può piacere o meno, ma quella “cosa” nel bel mezzo non ci doveva essere).
A Bellizzi, sulle gradinate della piazza è stato disegnato magistralmente uno stupendo murale: Totò a sinistra e Massimo Troisi a destra, e tra loro due anonime maschere di Carnevale. Totò e Troisi va bene: due personaggi del teatro e del cinema internazionale, maestri della commedia, due grandi anime. Personalmente ho un culto sacro nei confronti di Totò. Inutile qui tesserne le lodi. Solo che viene da pensare: non si poteva decorare la nuova piazza con qualcosa che esprimesse l’anima della frazione? Qualcosa che appartenesse a questa comunità, a chi quella piazza la calpesta? Qualcosa del posto, nell’ era della globalizzazione selvaggia e della virtualità alienante. Perché no un murale che interpretasse la Zeza, onore e memoria di Bellizzi? E allora? Quelli dell’amministrazione si sono distratti? O forse faceva paura Pulcinella? Della serie: quando le cose vanno male bisogna sembrare seri.

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