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Benevento – “Qui servirebbe un po’ più di illuminazione per evitare che un luogo caratteristico si trasformi in qualcosa di diverso”.  “E poi quelle macchine lì non dovrebbero starci, non si può sostare in quel modo”. “E questo doppio senso? No, non scherziamo… questa strada, così stretta, dovrebbe essere tutta la vita a senso unico”. 

Frasi carpite qua e là in due ore intense trascorse tra i vicoli di Benevento. Eravamo con Luigi Marino (presidente del comitato di quartiere centro storico), un tecnico del Comune, gli assessori Luigi Ambrosone e Carmen Coppola, il consigliere comunale Antonio Puzio e il comandante della Polizia Municipale, Fioravante Bosco. Siamo partiti da via 3 settembre, una delle intersezioni con via del Pomerio. Da lì ci siamo diretti verso vico Diomede svoltando in via port’Aurea, uno degli accessi più caratteristici alla maestosità dell’arco di Traiano, una strada (incredibilmente) a doppio senso di circolazione. Elencare tutte le vie percorse vorrebbe dire tuttavia prodursi in un elenco asettico. Ognuna di esse è tanto caratteristica quanto degradata. Un peccato, ma non è mai troppo tardi per rimediare. 

Sembra pensarla così anche l’assessore Carmen Coppola, che  assiste sbalordita ad alcune delle scene che si stagliano davanti ai suoi occhi. Una Punto ci passa accanto, ci supera e si ferma improvvisamente a centro strada ostruendoci visuale e percorso. Docente del Liceo Rummo, Coppola è in carica dallo scorso marzo, una manciata di giorni prima dell’avvento dell’emergenza sanitaria. “Era necessario toccare con mano il degrado per valutare e prendere provvedimenti – dice -. Dopo aver visto in che stato versano certi ambienti non possiamo tirarci indietro come amministrazione. Proseguiremo il dialogo con il comitato e faremo da tramite con il sindaco”. 

Sosta non autorizzata, mancanza di stalli per il parcheggio ben definiti, pavimentazione pericolante, lampioni non funzionanti o logori, luminosità assente. E il buio, si sa, può agevolare le cattive intenzioni. Tante, troppe le cose che non vanno, anche quelle che non si vedono alla luce del giorno. All’altezza di vico Trescene ci ferma un anziano che chiede a gran voce il rispetto delle norme igieniche. “Fanno pipì ovunque, questo perché non ci sono bagni pubblici. E’ un’indecenza, il portone di casa mia non può essere una discarica”, urla con una certa rabbia. Impossibile dargli torto, infatti nessuno osa contraddirlo. C’è l’impegno di venire a capo della storia, resta da capire come. 

Già, perché soluzioni realmente percorribili all’orizzonte se ne vedono poche. O meglio, le idee ci sono ma ne va valutata la praticabilità. Ai servizi igienici, ad esempio, andrebbe data la priorità assoluta, eppure segnali poco confortanti giungono dal possibile utilizzo di una struttura comunale da destinare allo scopo. Pare accantonata pure l’intuizione dei bagni chimici che “poco si sposano con la storia del capoluogo” (qui le dichiarazioni di Ambrosone). Più facile che si passi ad azioni ‘repressive’, come a dire: se vi becchiamo sono guai. Telecamere, illuminazione ‘intimidatoria’, maggiori controlli. Per adesso si farà così, poi si vedrà. E in questo, lo chiariamo fin da subito, i locali della ‘movida’, così come vengono definiti, c’entrano ben poco. Gli esercenti si stanno prodigando con sacrificio rispettando anche le norme più stringenti, sforzo di cui gli si è dato atto anche nel corso di questo “tour” (poco) caratteristico. 

Sulla sosta selvaggia si potrebbe invece scrivere un libro. Luigi Marino ne ha discusso a lungo con Bosco e gli assessori dando vita a una poco armoniosa catena di passaggi. La Municipale sostiene che le telecamere per controllare l’accesso delle auto sono pronte, ma si attende l’ok del Comune. Perché allora si temporeggia? Da Palazzo Mosti fanno sapere che è solo questione di tempo, poi la videosorveglianza si espanderà man mano. Staremo a vedere.

Marino, è fiducioso: “Abbiamo avviato un dialogo importante, ci tenevo fortemente a fare una passeggiata con i nostri rappresentanti politici evitando il solito convegno. Ora almeno hanno visto con i loro occhi ciò di cui si parla tanto”. Le istanze, insomma, sono state formalmente depositate. Per i risultati è necessario un aggiornamento, nella speranza che non passi troppo tempo. Altrimenti, è cosa nota, anche le immagini rischiano di diventare semplici ricordi, così come i problemi di restare irrisolti.