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Benevento – La scelta di fare della Campania una zona rossa ha determinato una pioggia di polemiche. Rispetto a tale decisione, nel Sannio abbiamo assistito a un’ulteriore levata di scudi per una scelta percepita come ingiusta e finanche punitiva.

Il messaggio che si è veicolato negli ultimi giorni, avallato anche da buona parte della classe politica sannita, è che il Sannio paghi quanto sta accadendo in altre province campane. Insomma, banalizzando, ci si è spinti a sostenere: a causa dell’alto numero di contagi del napoletano e del casertano anche Benevento va in zona rossa.

Ma stanno proprio così le cose? Davvero nel Sannio la situazione è così migliore rispetto al resto della Regione? I dati sembrano dirci altro. 

Un report pubblicato su Fanpage.it fa egregiamente il punto della situazione.

La provincia di Benevento registra, per ovvie ragioni, il numero più basso in assoluto per numero di contagi al giorno in Regione. Ciò è dettato evidentemente dal minore numero di abitanti ma anche dalla scarsa capacità di individuare eventuali positività. Ora, se il rapporto nuovi positivi / tamponi effettuati è all’incirca del 10% – quindi di poco al di sotto della media nazionale – “si nota come l’indice di incidenza cumulativa per 100mila abitanti sia in peggioramento costante da settimane, mentre parallelamente si sta allungando il tempo tra la data di inizio dei sintomi e quello del prelievo e della diagnosi. Si tratta dei segnali più chiari della difficoltà del sistema di tracciare casi ed effettuare le diagnosi (dati perfettamente compatibili con le decine di testimonianze sui ritardi e l’inefficienza dell’Asl sannita). L’heatmap dei casi evidenzia con chiarezza l’aumento progressivo dell’incidenza anche nel beneventano”:

Ci sono però anche altri indicatori, tra quelli stilati dall’Iss per il monitoraggio del rischio, che disegnano un quadro a tinte fosche per la provincia sannita: “Quelli contrassegnati con 2.4 e 2.5, per esempio, considerano la dotazione di personale assegnata al contact-tracing e all’esame dei campioni di laboratorio: Benevento è ultima in una Regione che è in coda alle classifiche nazionali. Ma è sugli indicatori 3.8 e 3.9 (terapia intensiva e posti letto di area medica) che nel Sannio siamo ben oltre il livello di guardia, al punto da consigliare estrema prudenza nei giudizi.

Qualche numero forse può aiutare. Dando per buoni i dati contenuti sui documenti ufficiali della Regione Campania (su cui c’è più di qualche perplessità, in particolare per quel che riguarda i numeri di partenza del Rummo – san Pio, l’ospedale pubblico della provincia), Benevento all’inizio dell’emergenza avrebbe dovuto contare (DCA 2018) su 24 posti tra terapia intensiva e sub-intensiva: la bellezza di uno ogni 11700 abitanti, un dato tremendo se comparato con quelli delle altre province (Salerno uno ogni 7500, Caserta uno ogni 9000, Avellino uno ogni 6500, la tanto bistrattata Napoli uno ogni 7500). Il “mostruoso” sforzo della Regione Campania sapete come si è concretizzato per prevenire la seconda ondata a Benevento? Tenetevi forte: 18 posti di sub-intensiva e 4 di terapia intensiva programmati nel piano di giugno”.

Se poi a ciò aggiungiamo il fatto che il Sannio ha una popolazione con un’età media molto elevata; se consideriamo tutti i problemi che ci sono per ciò che concerne la carenza di medici di base; se teniamo conto del fatto che un cittadino di Pietraroja o San Bartolomeo in Galdo impiega più di un’ora per raggiungere il ‘San Pio’ – l’unica vera struttura pubblica presente sul territorio (sapete qual è stato l’incremento di terapie intensive previsto per l’ospedale di Sant’Agata dei Goti nel piano regionale? Zero!) – ci rendiamo conto di quanto sia sconfortante la situazione nella provincia di Benevento.

In tutto ciò, lasciatecelo dire con franchezza, gli assembramenti sul lungomare napoletano non c’entrano davvero nulla. L’atteggiamento de-responsabilizzante della nostra classe politica, “paghiamo le colpe di altri“, è solo parte del problema. Nel Sannio abbiamo assistito a una sistematica devastazione della sanità territoriale: dall’inspiegabile chiusura dell’ospedale di Cerreto, passando per quello di San Bartolomeo in Galdo, si sono via via privati i cittadini di servizi essenziali.

E mentre tutto ciò accadeva la nostra classe politica era per metà distratta e per l’altra metà silente. 

Qui l’articolo di Fanpage.it