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Benevento – Nel maggio del 2008 è partito un progetto che ha preso corpo un anno più tardi, quando la Cooperativa Solidarietà decise di impiantare una serra e un punto vendita con l’obiettivo di avviare un’attività di formazione e inserimento per i disabili. Così è venuto fuori il Caffè dell’Orto – Fattoria sociale Orto di Casa Betania. La struttura si trova a Via Marco da Benevento e sta diventando un punto di riferimento importante per chiunque voglia vivere un’esperienza al di fuori della quotidianità.

La valenza dell’orto – così inizia la responsabile Evelin Di Mella, in carica da giugno di quest’anno – è quella sviluppare un progetto terapeutico con l’obiettivo di dare un’occasione di ritorno in gioco di persone che fanno parte di fasce più svantaggiate dal punto di vista psicologico. L’orto diventa l’occasione per un reinserimento lavorativo creando anche una competenza, ma serve anche socialmente perché permette di entrare in un circuito relazionale per permettere a tutti di vedere il futuro con un occhio diverso. Il tutto non potrebbe esistere senza il Consorzio sale della terra che racchiude un insieme di cooperative che promuove e realizza attività artigianali e agricole e di cui noi siamo parte”.

Ma non è questo l’unico progetto del caffè dell’Orto, spazio anche a chi ha avuto problemi legali con l’idea di far vivere la pena come occasione per riabilitarsi.

L’altro progetto si chiama “libertà partecipata” ed è portato avanti da noi con altri due enti, tra cui la Caritas. I ragazzi della casa Circondariale hanno la possibilità di scontare i residui di pena attraverso attività occupazionali che mirano alla cura e alla produzione di qualcosa. Un modo per vivere in maniera costruttiva piuttosto che stare chiusi dentro casa. Nella scelta delle persone, ovviamente, intervengono Caritas e servizi sociali che fanno ogni valutazione del caso. Ovviamente noi abbiamo un limite, non possiamo accogliere tutti. Parliamo di sette oppure otto persone che fanno turnazione, un modo utile anche per scambiarsi mansioni e dare autonomia”.

Non solo reinserimento e socialità, il caffè dell’Orto è stato anche il teatro di qualcosa di insolito per una struttura del genere.

A settembre c’è stata anche una cerimonia matrimoniale. Una persona che vive l’orto come una seconda casa, ha scelto questo luogo per riproporre la cerimonia in chiave più romantica e poter festeggiare con tutti. La cosa più bella di tutta questa situazione è che ha voluto che i camerieri fossero i ragazzi che lavoravano nell’orto e anche il fotografo era un ragazzo che si diletta in questa attività, per giunta anche con ottimi risultati In più c’è da dire che anche le bomboniere sono state prodotte dai ragazzi di altre cooperative di altre terre”.

L’orto di casa Betania è cresciuto col tempo ma può ancora dire tanto, dare di più. Gli obiettivi da centrare non mancano, sia dal punto di vista della struttura che da quello della responsabile.

Da un punto di vista sociale – conclude Evelin Di Mella – vogliamo porci l’obiettivo di regalare ai ragazzi un’esperienza che possa essere trasposta nella vita vissuta. Prendersi cura di un orto come di una pianta e far diventare questo cura di se stessi. L’idea è quella di non abbandonare i ragazzi anche a percorso finito. Ma guardiamo anche ai bambini perché c’è un parco giochi che vogliamo rimettere in sesto. Vogliamo diventare un luogo per famiglie e per gli studenti. Personalmente, invece, devo ricordare di essere una psicologa e psicoterapeuta e quindi rendermi conto che non c’è solo un lavoro manuale ma sviluppare maggiormente le dinamiche di gruppo. Ogni giorno lavoriamo insieme chiedendoci come stiamo, come ci sentiamo. Aggiungere al lavoro anche una lettura interiore che permetta ai ragazzi di crescere e conoscersi con se stessi. Vorrei inserire questa parte sempre di più. Rendere questo posto un luogo dove accogliere i ragazzi e tutti i propri pesi, leggere la vita in modo diverso. Come bar, infine, l’idea è di lasciare a ogni cliente la possibilità di incontrare qualcuno che ha la sua storia e lasciarsi incuriosire da come lavora e dalla passione con cui lo fa dimenticandosi della razza o dei problemi di chi ha di fronte”.