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La questione del calcioscommesse che sta scuotendo il mondo sportivo italiano riporta a galla vecchie immagini. Tra queste c’è quella di Marco Paoloni, ex portiere del Benevento, arrestato il 1° giugno 2011, tre giorni dopo la semifinale play off con la Juve Stabia, con l’accusa di aver truccato alcune partite.
Il romano ha ricordato quanto vissuto in prima persona in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera e realizzata da Andrea Pasqualetto. “Ero compulsivo, giocavo su tutto: poker online, tennis, basket, anche serie A e Coppe europee. Ma non mi sono mai venduto una partita, mai!“, ha raccontato Paoloni, “Era diventata una dipendenza. C’era un discorso di adrenalina e di libertà. In campo avevo quell’ansia da prestazione che era pura adrenalina. Fuori cercavo la stessa scossa, ma ero limitato dalla mia ex moglie che mi controllava dappertutto, anche in bagno. Nelle scommesse ritrovavo quella sensazione ed era un mondo tutto mio, bastava un clic, nessuno mi vedeva… Ero arrivato a stare sveglio di notte e il divertimento si è trasformato in malattia. Ero diventato ludopatico”.
Sono trascorsi dodici anni da quel giorno che, di fatto, ha posto la parola fine sulla carriera dell’estremo difensore. “In tre anni ho scommesso circa 600 mila euro e ne prendevo 200 mila all’anno di stipendio. Ho iniziato ad Ascoli con un compagno di squadra che mi fece vedere un sito, un po’ come Fagioli con Tonali. Io non lo sapevo, ma dietro c’era la malavita, tutto partiva da Singapore“, ha aggiunto, “Sono stato radiato senza aver subito condanne. Ho smesso di giocare a 27 anni, quando è arrivata l’assoluzione ne avevo 39 ed ero troppo vecchio per rientrare. Il mio caso dovrebbe insegnare prudenza perché si rischia di rovinare carriere e famiglie per poi magari scoprire che c’è poco o nulla“.
I guai, però, sembrano non finire mai. Dopo essere rimasto coinvolto nel calcioscommesse, in estate è arrivato un nuovo stop per Paoloni che oggi cerca di trovare conforto ancora nel mondo del calcio. “Mi hanno curato gli specialisti. La psicologa mi disse: “Non so come tu non ti sia suicidato”. Avevo perso lavoro e famiglia, è stata dura. Oggi alleno i ragazzi che vogliono fare i portieri, privatamente. In giugno sono stato però squalificato dalla Federazione per cinque mesi perché portavo i ragazzi ai provini senza essere iscritto al registro degli agenti. Dopo otto anni di inferno ho subito anche questa“, ha concluso il classe 1984.