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Palloni imbottiti di droga e cellulari, recapitati anche tramite droni oltre il muro di cinta del carcere, arrivavano ai detenuti grazie a qualche agente che, in cambio, avrebbe accettato denaro o anche prestazioni sessuali da parte della convivente di un detenuto. Questo è quanto è stato scoperto all’interno del carcere di Trapani, nel corso dell’operazione ‘Alcatraz’, condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Trapani e dal personale del Nucleo Investigativo Regionale Sicilia della Polizia Penitenziaria, che lo scorso giovedì 13 aprile, ha visto coinvolte, oltre Bari e Trapani, anche le città di Benevento, Porto Empedocle, Mazara del Vallo e Avolai.

Ventiquattro le per­so­ne arrestate: 17 in car­ce­re, 5 agli ar­re­sti do­mi­ci­lia­ri e 2 ob­bli­ghi di di­mo­ra. Tra le persone coinvolte ci sono anche Nicola Fallarino, 39 anni, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Cosimo Nizza, Annarita Taddeo, 32 anni, Roberto Fallarino, 32 anni e Vincenzo Piscopo, 33 anni tutti di Benevento. I tre indagati sono stati sottoposti agli arresti domiciliari.

I fatti risalgono al 2019 e gli indagati dovranno rispondere di corruzione, spaccio di droga, abuso d’ufficio, truffa aggravata, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, evasione e accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti.

Come entravano droga e cellulari in carcere

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori è emerso che gli agenti di polizia penitenziaria alle carceri di Trapani facevano entrare di tutto: droga, telefonini, armi rudimentali, sigarette, profumi. In cambio di denaro o di prestazioni sessuali elargite, in particolare, dalla compagna di un detenuto. Ma per “comprarli” bastava anche consegnare loro il biglietto per assistere ad una rappresentazione teatrale o a una gara di calcio.

Quattro i poliziotti penitenziari, oggi in pensione, che prestavano servizio alla casa di reclusione trapanese, coinvolti nell’operazione denominata Alcatraz. Uno è stato arrestato. Un altro, ritenuto dagli inquirenti il perno dell’attività corruttiva, è deceduto durante le indagini svolte tra il 2018 e il 2022. Altri due sono indagati. Perno della corruzione, all’interno del Pietro Cerulli, era l’ex agente Francesco Paolo Patricolo, deceduto durante le indagini. Originario di Palermo, era accusato di aver introdotto droga e telefonini in cambio di denaro: 500 euro a consegna. Soldi, ma non solo. Perchè in cambio di favori, l’indagato riceveva anche biglietti per il teatro e anche un biglietto per assistere alla finale di Coppa Italia tra la Juventus e l’Inter.

In particolare l’ex poliziotto penitenziario avrebbe fatto avere telefonini cellulari a Nicola Fallarino, di Benevento, esponente della camorra e a Davide Monti, di Bari, affiliato alla Sacra Corona Unita. Il detenuto beneventano, inoltre, avrebbe ricevuto telefonini cellulari nascosti in un pallone di calcio che Roberto Fallarino avrebbe lanciato all’interno della casa circondariale mentre Vincenzo Piscopo faceva da “palo”. Le telecamere, piazzate dagli investigatori, hanno immortalato la scena. Patricolo, poi, era solito presentare certificazioni per attestare false malattie e dedicarsi così a lavori extra, come quello di buttafuori nei locali notturni.

Gli indagati, difesi dagli avvocati Gerardo Giorgione, Giulia Cavaiulo, Vincenzo Sguera e Domenico Dello Iacono, saranno interrogati nella giornata di domani, lunedì 17 aprile, a Trapani, ma i legali hanno chiesto di poterli effettuare da remoto da Benevento.