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Giunto ormai alla decima edizione, il Festival Filosofico del Sannio ha dedicato il suo primo appuntamento ad uno dei filosofi italiani più importanti del nostro tempo, Umberto Galimberti che, in una travolgente lectio magistralis ha ripercorso le radici storiche e filosofiche dell’umanità raccontando delle diverse etiche e della nascita della Tecnica, mostrando un dipinto realistico e molto preoccupante della nostra epoca. 

In una teatro pieno, non solo di studenti, il professor Galimberti ci ha mostrato come l’essere umano si è posto al centro della vita dimenticando di essere solo parte di essa, di essere un tutt’uno con il modo che abita che a sua volta è una piccola parte dell’Universo che la contiene portando così le sorti della nostra specie su una strada per nulla sicura diventando una forza distruttiva più potente della natura stessa.

Nella riflessione del professore, nell’epoca che ci vede vivere, non è più nemmeno l’essere umano al centro di tutto ma lo è la Tecnica, nonché “La forma più alta di razionalità mai raggiunta dall’uomo” che prevede come valori: la funzionalità, la velocizzazione del tempo, l’efficienza, la produttività che hanno portato l’essere umano a stare male. Per cui “se la Tecnica è la condizione universale per realizzare qualsiasi scopo, la Tecnica non è più un mezzo ma il primo scopo che tutti vogliono in assenza del quale gli scopi restano sogni”. 

Un mondo senza scopi è quello descritto dal professore, dove ogni scopo raggiunto ha valore non in quanto scopo ma in quanto mezzo per raggiungerne così un altro e un altro ancora senza avere mai uno scopo finale portando di conseguenza l’uomo a vivere in un tempo dove il Bene e il Male non sono dati dalle nostre azioni ma da come queste azione vengono svolte, bene o male.

In questa visione realistica ma al contempo pessimistica di Galimberti spunta però dal passato l’Etica che nelle sue diverse forme ha in qualche modo, con il Cristianesimo prima, con Kant dopo e con Weber in ultimo, provato ad aggiustare le cose, ma in modo sbagliato, conducendo così l’uomo ancora di più su una strada che lo sta portando all’auto annientamento.

È così che nasce ‘L’etica del Viandante’, ultimo libro del professore, dal bisogno di mettere al centro di tutto non più l’uomo ma il nostro pianeta di cui noi facciamo parte ma di cui non siamo i padroni. Il Viandante, come ha raccontato il professore, non è il viaggiatore che ha una meta e uno scopo ben precisi, ma è colui che percorre una strada non ancora scritta e tutta da scoprire per imparare di nuovo a capire cosa è realmente bello, cosa è buono e cosa è reale.

“Caminante no hay caminio, se hace camino al andar” diceva Antonio Machado che tradotto dalla sua lingua d’origine, lo spagnolo significa ‘Viandante, il camino non c’è, il cammino si fa solo camminando’. Ed è questa probabilmente, secondo il professor Galimberti, l’unica possibile soluzione per provare almeno a non distruggerci e distruggere la Terra, iniziare un cammino nuovo che cancelli pregiudizi e confini, ricordandoci che siamo tutti esseri umani e tutti appartenenti allo stesso pianeta che con la nostra arroganza stiamo distruggendo condannando di conseguenza anche noi stessi.
                                                                                         di Valentina Scognamiglio