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Lezione della domenica: gli errori li commettono anche gli altri. Roberto Insigne l’ha colta prima di tutti. Ha visto il povero Biraghi tentennare nel disimpegno e gli ha rubato il barattolo di marmellata lanciandolo a Improta. Una cucchiaiata e via, sapore intenso di tre punti. 

Il Benevento l’ha vinta d’astuzia e avrebbe potuto pure stravincerla, ad essere onesti. La prima Fiorentina di Prandelli non ha brillato, è scesa in campo senz’anima né voglia, prestando il campo a un Benevento che ha saputo fare il suo. Ritmi lenti, azioni compassate da una parte e dall’altra, fraseggio soporifero. Il primo tempo è andato via senza che nessuno se ne accorgesse. E più passavano i minuti, più tra i giallorossi aumentava la consapevolezza di uscire indenni da uno degli stadi più prestigiosi della serie A. 

Quando a inizio ripresa Inzaghi ha inserito Insigne, il Benevento ha capito che la scintilla potesse scoccare da un momento all’altro. In totale affanno sul lato sinistro difensivo, la Viola ha finito per sgretolarsi sugli strappi del folletto partenopeo, che successivamente ha sfiorato il raddoppio e si è lanciato più volte in ripartenze potenzialmente pericolose ma altrettanto vitali per tenere in ghiaccio il vantaggio. 

A Inzaghi va dato atto di aver preparato la partita nel dettaglio superando un’ulteriore difficoltà. Non poteva avere idee concrete sull’assetto avversario, visto il cambio di allenatore. L’effetto-sorpresa tentato da Prandelli – che non aveva svelato alcun titolare né il modulo – è stato piegato da un’organizzazione tattica finalmente solida e dall’estrema necessità di partire dalle cose semplici. Nessuno dei giallorossi ha voluto strafare, trovando straordinaria linfa nell’innesto di Hetemaj, baluardo instancabile di un centrocampo che aveva assoluto bisogno di un elemento dalle sue caratteristiche. Difficile – e qui azzardiamo senza remore – che il finnico si riaccomodi in panchina dopo una prestazione come quella di ieri, in cui ha dimostrato di saper correre per tre anche in serie A. 

Vincenti, a conti fatti, le due innovative mosse tattiche iniziali. Il riferimento è all’avanzamento di Ionita nel ruolo di rifinitore atipico e alla scelta di Improta come mezzala titolare (finora aveva sì giocato in quel ruolo, ma da subentrato). Il moldavo ha aggiunto fisicità in una zona di campo molto calda, pur pagando inevitabilmente il gap di agilità che lo separa dai vari fantasisti in rosa, aggiungendo tuttavia altre pregiate risorse. Il Benevento ne ha guadagnato ad esempio in centimetri, irrobustendo con l’ex Verona l’asse destro con lo stesso Hetemaj e con un pimpante Letizia, rinvigorito dalla copertura data dai compagni nel limitare le folate di Ribery (finché è rimasto in campo).

Benissimo Barba, che ha spadroneggiato a sinistra, così come è stato felice l’ingresso di Lapadula, che avrebbe meritato il gol nonostante i pochi minuti giocati. Ma detto dei singoli interpreti, è in una parola che va ricercato il successo della Strega: semplificazione. Sono umani anche gli altri, sbagliano anche loro. Semplificare e speculare può determinare le sorti di sfide giocate sul filo dell’equilibrio. Limitare i propri errori al minimo cullando l’ambizione di annullarli, è così che si arriva a quel barattolo di marmellata.