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Martedì 8 agosto la polizia, in tenuta antisommossa, invade via Orfeo, nel cuore di Bologna, per sgomberare lo spazio Làbas, occupato 5 anni fa su spinta di un altro centro sociale, il TPO. La decisione e violenza con cui la polizia ha deciso di attaccare gli attivisti ha lasciato segni evidenti sui corpi e le menti dei tanti ragazzi/e che, in questa ex caserma militare, negl’anni hanno dato vita a diversi progetti. Violenza che però non ha bloccato le iniziative di cooperazione e socialità diffusa. 

A via Orfeo, a lottare per difendere il Làbas, anche due sanniti che abbiamo ascoltato per comprendere meglio ciò che è accaduto ma anche per conoscere le attività svolte all’interno della struttura. Maurilio è un attivista di Benevento che dal 2012 si impegna all’interno del centro sociale TPO, uno spazio con più di 20 anni di storia alle spalle. 

“Da quando mi sono trasferito a Bologna, nel 2012, mi sono subito innamorato dello spazio TPO. Negli anni ho vissuto tante esperienze, dalle campagne europee contro l’austerity alle battaglie contro la riapertura del CIE, dall’imprese della squadra di calcio popolare Hic Sunt Leones agli scioperi dell’Associazione Diritti Lavoratori. Il TPO è davvero un punto di riferimento cittadino, parte della storia di questa città. Làbas, invece, è una ex caserma militare (caserma masini) che era abbandonata da anni e che è stata occupata 5 anni fa proprio sotto la spinta del TPO. Nella caserma hanno trovato vita tanti progetti: l’orto, la bio-pizzeria, il birrificio, la falegnameria, la ciclo-officina, l’asilo sociale di Labimbi. Poi c’è Accoglienza degna, un percorso di emancipazione per migranti e senza tetto che a Làbas possono trovare aiuto legale, una scuola d’italiano, una biblioteca, un dormitorio. Infine ogni mercoledì ci sono il mercato di Campi Aperti e concerti. Tutto aperto a tutti/e.

Letizia, è una studentessa di San Bartolomeo in Galdo, anche lei arrivata a Bologna a Settembre 2012, poco prima dell’occupazione di Làbas.

“Sono una studentessa di Ingegneria Ambientale e da San Bartolomeo in Galdo sono arrivata a Bologna mossa proprio dalla sua lunga storia di controcultura e centri sociali. Ho iniziato da subito a frequentare e conoscere le realtà politiche di Bologna fino ad arrivare a Làbas dal quale poi non sono più andata via. Làbas infatti è diventata casa mia per ben tre anni. In questi anni a Làbas mi sono occupata principalmente del Làbimbi proponendo laboratori di educazione al rispetto ambientale e successivamente ho iniziato a seguire la programmazione culturale ed artistica del centro sociale” 

Ci spiegate cosa è successo martedì? Perchè vi hanno sgomberato?

La sera di lunedì ci sono arrivate voci in merito allo sgombero dello spazio. La cosa sembrava assurda. Di fatto si era creata una situazione di stallo. L’ex caserma infatti appartiene a Cassa Depositi e Prestiti che l’ha acquistata dal Demanio per farne oggetto di investimenti privati. Il loro obiettivo è costruire un albergo, appartamenti e negozi di lusso, un parcheggio. Nessun compratore si è mai fatto seriamente avanti. Nel frattempo le attività nello spazio sono andate avanti e sono cresciute. Abbiamo provato ad aprire un canale di trattativa ma proposte concrete e credibili non sono mai state fatte. Sullo spazio pendeva un decreto di sequestro emesso dalla procura ma in assenza di un’alternativa e di un compratore non si davano motivi per lo sgombero. Qualcosa deve essere saltato. Martedì mattina un ingente schieramento di polizia ha circondato tutta la caserma e ha chiuso le strade della zona. Chi era ancora in città si era riunito per difendere lo spazio. La polizia non ha esitato a caricare i presenti sebbene fossero semplicemente seduti a terra. Non parliamo solo di attivisti, ma anche di signore di 60 anni che venivano tutti i mercoledì a far spesa, volontari che collaboravano nei progetti, residenti del quartiere. Abbiamo resistito finché abbiam potuto, nonostante le tante botte prese

Voi e gli altri ragazzi come state? 

Nonostante le tante botte ricevute, stiamo abbastanza bene. Ci sono alcune persone con fratture e costole incrinate, molti con ematomi ed escoriazioni. Però nessuno ha ceduto alla malinconia o alla tristezza. Non abbiamo vissuto lo sgombero di Làbas come una sconfitta. Piuttosto pensiamo siano venuti fuori tutti i limiti di chi amministra questa città e che non è stato in grado di valorizzare un’esperienza così importante. Siamo tutti determinati a ridare una casa ai tanti progetti che vivevano a Làbas.

Attualmente qual è la situazione?

Abbiamo lanciato fin da subito una grande manifestazione prevista per il 9 settembre. Credo sarà davvero molto partecipata. Le testimonianze di sostegno che stiamo ricevendo sono davvero stupende. Ieri abbiamo svolto il consueto mercato del mercoledì nella piazza accanto a Làbas ed è stato strapieno. Il segnale più forte che potessimo dare all’amministrazione. Tutti hanno chiesto come dare una mano e quando ridaremo una casa a Làbas. Anche da tutta Italia, perfino dalla Germania ci hanno scritto e verranno il 9. Nel frattempo l’amministrazione è uscita pubblicamente con alcune dichiarazioni. Da una parte il sindaco prova a giustificarsi sostenendo che non si è trattato di una sua decisione (ma se non governa lui la città, chi lo fa allora?). Dall’altra stanno paventando alcune possibili soluzioni ma senza tempi e modi definiti. Da parte nostra lavoreremo per far sì che Bologna non si impoverisca ma continui a vivere di esperienze di cooperazione e socialità come Làbas. Intanto abbiamo trovato una sistemazione a tutte le persone ospitate nel dormitorio. Nei prossimi giorni continueremo a mettere in sicurezza i diversi progetti.