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Il giorno di Maurizio Martina. Il segretario nazionale del Partito Democratico apre la seconda parte della festa provinciale di Telese Terme (altro articolo qui).

Ad accoglierlo e a introdurne l’intervento è Umberto Del Basso De Caro. E non poteva essere diversamente: l’ex ministro per le Politiche Agricole è da tempo il riferimento politico del deputato sannita. “E non per una questione di correnti” – sottolinea lo stesso De Caro che tesse le lodi politiche e umane del leader democrat, con Martina che ricambia la cortesia: “Da sottosegretario è stata ottima e puntuale sentinella del vostro territorio”.

Poi è la stretta attualità politica nazionale a prendere il sopravvento. Con Del Basso De Caro che spinge subito il piede sull’acceleratore: “Al governo del Paese ci sono incapaci e analfabeti. Ci sarebbe una autostrada dinanzi a noi se solo avessimo un orizzonte politico chiaro”.

E l’orizzonte, per il parlamentare beneventano, non può essere che un centrosinistra largo.

“Bisogna recuperare i rapporti con tutta la sinistra – spiega – perché con il nostro 18 o 20% dei voti non andiamo da nessuna parte e certo non diventeremo alternativa”.

“Il modello dell’uomo solo al comando – ancora De Caro – non è stato apprezzato dai cittadini italiani, ma in termini elettorali abbiamo pagato un prezzo troppo caro rispetto all’operato messo in campo dai governi Renzi e Gentiloni e in futuro i libri di storia, ne sono certe, lo riconosceranno”.

Oggi, però, è tempo di fare opposizione. “Bisogna difendere i finanziamenti ottenuti nei cinque anni di centrosinistra. Soltanto per le due province interne della Campania, Sannio e Irpinia, parliamo di investimenti pari a 7 miliardi di euro”.

Come De Caro, pure Martina non si mostra certo tenero nei confronti dell’esecutivo pentastellato.

“I primi cento giorni saranno ricordati per gli slogan, per i video, per i tweet. Per il resto, nelle riunioni del Consiglio dei Ministri non si assumono decisioni e nei decreti non è scritto nulla”.

E in questo contesto, è la vicenda dell’Ilva di Taranto, per il segretario Pd, a rappresentare la cartina al tornasole buona a misurare la distanza tra “propaganda e realtà”.

“Annunciavano novità, parlavano di cambiamenti. Ma alla fine hanno fatto l’unica cosa sensata da fare: concludere il lavoro già avviato dal ministro Calenda”.

Ma adesso è il Mezzogiorno tutto a doversi preoccupare. Parla addirittura di “rischio mortale”, Maurizio Martina. “E’ il Sud il grande assente nello scontro tra Lega e M5S che si sta consumando sulla legge di bilancio. Di lavoro, crescita e sviluppo del Meridione neanche si parla più. La politica è scomparsa. Al suo posto, armi di distrazioni di massa. Ma io non voglio parlare di Di Maio che nel viaggio per la Cina si siede in prima classe e mostra la foto del biglietto della seconda. Di queste deficienze non me ne può fregare di meno. A me sta a cuore il Paese e non posso accettare che l’Italia si sia ridotta scimmiottare Orban o la Le Pen”.

Quanto al Pd, il futuro immediato è dato da piazza del Popolo, dalla manifestazione in programma domenica 30 settembre. “Da lì si riparte”. Poi, però, verosimilmente, sarà tempo di congresso. “A me non interessa il destino di Martina ma il futuro del partito. Smettiamola con queste discussioni polemiche sfiancanti che contribuiscono ad allontanarci ulteriormente dalla nostra gente. Non dobbiamo parlare di noi, parliamo dei più deboli. In ogni scelta, in ogni proposta, in ogni territorio”.