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Nel dicembre del 1995 l’artista sannita Mimmo Paladino creò la Montagna di Sale a Napoli, installandola in piazza del Plebiscito. L’opera, destinata a essere temporanea, fu accolta con entusiasmo dai napoletani che ne approfittarono, pero’, per portare via manciate di sale come segno di buon auspicio. Nonostante tali “atti di vandalismo”, Paladino non si mostrò contrariato, anzi, considerò quei gesti come parte dell’interazione dell’opera con l’ambiente circostante.

La Montagna di Sale rappresentava solo l’inizio di un progetto più ampio: trasformare piazza del Plebiscito in un museo all’aperto, esponendo le opere di artisti contemporanei come Kapoor, Kounellis, Kosuth, Sol Lewitt, Serra, Horn e molti altri.

Paladino, tra i principali esponenti della transavanguardia italiana, ricorda con gioia le intense giornate di creazione, e l’apprezzamento ricevuto non solo dalla critica, ma anche da artisti della canzone napoletana come Sergio Bruni e Renato Carosone. “Fu un’autentica corsa contro il tempo – ha spiegato l’artista sulle colonne del CorrMezz -. Gli operai di una piccola impresa edile beneventana lavorarono giorno e notte. Venne preparata una grande impalcatura in legno sulla quale, montati i cavalli di legno, fu versato mezzo metro di sale compattato, regalatoci dagli amici di Gibellina”. 
Anche se alcuni lamentarono gli atti di ‘furto’ del sale, Paladino apprezzava l’idea che l’opera potesse essere vissuta e sperimentata dagli abitanti della città: “Amavo il fatto che i napoletani la sentissero propria al punto da giocarci sopra o da prendere manciate di sale. Se non ricordo male fu arrestato persino un latitante che, per sfuggire alla polizia, aveva tentato di scalarla. Lo spirito era proprio quello di esporre un lavoro poi destinato a morire, anche a causa della pioggia che scioglieva il sale. Tanto che alla fine – ha aggiunto – decisi di farla esplodere: il 17 gennaio festa di Sant’Antonio Abate, mettemmo in scena una sorta di grande rogo, di eruzione con dei fuochi di artificio posti sulla sommità del cono”. 

Nel corso dell’intervista, Paladino fa un parallelo tra la sua Montagna di Sale e l’incendio della Venere degli Stracci di Pistoletto. Secondo lui, entrambi gli eventi rappresentano gesti artistici che amplificano il valore estetico delle opere. Paladino non considera l’incendio un atto vandalico, ma piuttosto una provocazione artistica. “Del resto Pistoletto – ha concluso – proviene dalle avanguardie più agguerrite e sa bene che un’opera messa in piazza, peraltro destinata a essere smontata, ha una vita limitata ed entra in contatto con l’ambiente in cui si trova. Quel rogo ha una potenza evocativa che a mio avviso ha finito non per mortificare ma per amplificare il valore estetico della Venere”.