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Benevento – Roberto Boccaccino è un fotografo, video-maker, nato a Benevento e che da anni lavora principalmente su ricerche a lungo termine e progetti di documentari.

Nell’autunno 2009 frequenta il corso Advanced Visual Storytelling presso la Danish School of Media and Journalism di Aarhus, in Danimarca. Il suo progetto di diploma riceve la menzione speciale “Internazionale” nell’ATF Fnac Award 2010. Per Internazionale realizza una ricerca sui giovani libanesi a Beirut, che diventano parte del suo più ampio progetto su una generazione.

Il suo progetto “Toy Town” è stato selezionato per il Lumix Young Photojournalism Festival 2010 ed è stato esposto al Museo Brandts di Odense, in Danimarca. Nel 2010 è stato premiato all’Årets Pressfoto 2010 (Danish Press Photo), dove ha ottenuto il 1 ° premio per il miglior ritratto dell’anno. Boy Old Boy è stato pubblicato da Witty Kiwi Books nel 2014.

Negli ultimi anni ha affrontato il suo lavoro sempre di più sulle ricerche sul contesto, concentrandosi sulle connessioni tra comunità e ambienti. Proprio in questo contesto si inserisce il lavoro Potenza 100. Abbiamo ascoltato il fotografo sannita proprio su quest’ultimo

Raccontami del progetto “Potenza 100”. Perché utilizzare una sorta di falso documentario per veicolare la tua idea e la tua arte?
 
“Potenza 100 è un lavoro che vuole occupare un vuoto molto evidente, quello dell’immaginario che gravita attorno alla Basilicata. Non essendoci un immaginario condiviso e e riconoscibile sulla regione è stato facile raccontarla utilizzando un’identità invece assolutamente riconoscibile. Utilizzo perciò tutta una serie di riferimenti visivi, attribuibili principalmente alla fantascienza e alla cinematografia americana recente, per proporre un luogo reale ma sconosciuto facendolo sembrare fiction ma perfettamente riconoscibile. Una sorta di Area 51.
Tutto questo nasce dalla voglia di giocare con l’immaginario collettivo, comprometterlo, sbilanciarlo. È una pratica che ho portato avanti anche in altri progetti in passato. Qui mi permette di parlare di un territorio, di fotografarlo e documentarlo, raccontando in effetti una storia che non esiste. La grande perplessità che nutro nei confronti dei linguaggi della fotografia documentaria contemporanea, della loro arbitrarietà, naturalmente vine fuori in questo lavoro: utilizzo dei codici e dei mezzi per realizzare quello che a tutti gli effetti è il documentario di qualcosa di indocumentabile (cioè la Basilicata di Potenza 100)”.
 
Oggi si parla molto del concetto sociologico di dittatura dell’immagine in vari ambiti. Un tuo parere sul ruolo dell’immagine nella società contemporanea
 
“L’immagine nella società ha un ruolo chiaramente molto influente. Basta pensare che la nostra visione del mondo è fatta principalmente di immagini. In realtà è fatta di moltissime cose stratificate, ma il codice che richiamiamo più velocemente alla mente è quello visivo. Di conseguenza è cruciale capire quanto le immagini custodiscano i nostri giudizi, le nostre relazioni col mondo, e quanto possano essere perciò strumento di controllo”.
 
Hai in cantiere già dei nuovi progetti, magari che possano riguardare il Sannio?
 
“Nell’ultimo periodo il mio lavoro è stato solo in parte legato alla fotografia. Tra le altre cose sto scrivendo molto. Sono in un momento di ricerca e di lavoro, da un lato riguardo al libro di Potenza 100 (che conterrà molto materiale non fotografico), dall’altro per un progetto testuale, ancora in fase preliminare, il quale sì riguarderà anche il Sannio”.