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L’isola di Pannarano. Il centro caudino è per definizione un’enclave sannita all’interno della provincia di Avellino.

I suoi confini parlano unicamente irpino. Ma questa è geografia. Da un punto di vista amministrativo, di fatto, Pannarano è provincia di Benevento e lo è da sempre. Una anomalia foriera di paradossi. Punto più alto del Partenio, con la vetta Acerone, Pannarano veniva inserito anni fa nella comunità montana del… Taburno.

Una incongruenza sanata, quella. Un’altra, invece, è stata reiterata nelle ultime ore.

Disegnata la nuova mappa politica del Paese, con la definizione dei collegi del Rosatellum, Pannarano si trova di nuovo a fare i conti con la sua condizione di isola. Unico comune beneventano del collegio che fa capo ad Avellino e che abbraccia un territorio enorme: dalla Valle Caudina fino a Solofra, fino a Montoro.

Una stramberia lasciata in eredità dal Mattarellum, superata con il passaggio al Porcellum e tornata attuale oggi.

L’archivio storico della Camera dei Deputati, per la verità, ci restituisce i tentativi di correggere all’origine questa contraddizione.

L’onorevole Giovanni Zarro, ad esempio, in sede di discussione della legge elettorale che portava il nome dell’attuale presidente della Repubblica, chiese di annettere Pannarano al collegio di Sant’Agata dei Goti. Inutilmente. Al comune caudino toccò Atripalda alla Camera e Avellino al Senato. Così come vane si rivelarono iniziative analoghe intraprese da altri parlamentari in tempi diversi. Fino ad arrivare ai giorni nostri, dopo che la riforma Calderoli aveva riposto in soffitta la questione. 

Che senso ha? A chiederselo è Fabio D’Alessio, sindaco di Pannarano. La fascia tricolore non si perde in complicati giri di parole: “Non posso che esprimere dispiacere e dissenso rispetto a una scelta che ritengo vergognosa. E’ una mancanza di rispetto nei riguardi della comunità e della istituzione che rappresento. Siamo provincia di Benevento, ci rapportiamo quotidianamente con le altre realtà sannite, discutiamo insieme di territorio e progettualità e poi, al voto per le politiche, ci impongono un riferimento che non presenta connessioni con noi. Unico comune del Sannio in un collegio completamente avellinese, una assurdità. Ma l’uninominale non serve a eleggere il rappresentante del territorio? Paradosso per paradosso, a questo punto potevano pure inserirci nel collegio di Milano 1”.

Scoraggiato, il sindaco non si aspetta miracoli dal lavoro delle commissioni parlamentari, pure chiamate in teoria ad apportare modifiche: “L’anomalia è oggettiva ed era stata rappresentata a chi di dovere. Da oltre un mese. Evidentemente non se ne è tenuto conto. Siamo un piccolo paese di duemila persone e ormai le scelte si producono esclusivamente in base ai numeri, in barba a ogni ragionamento logico. E così ci spostano da una provincia all’altra a seconda delle convenienze del momento”.

Il tema – incalza D’Alessio – è che abbiamo una classe dirigente politica incapace di rappresentare gli interessi della comunità. Ecco perché mi vanto di non avere alcuna appartenenza partitica”.

L’amarezza è evidente. Pure comprensibile. Ma la scelta politica conseguenziale alla definizione dei collegi, confida il sindaco, è figlia di un ragionamento logico: “Proprio perché importante, il voto deve essere consapevole. E considerato che ci hanno sottratto la possibilità di eleggere il rappresentante del nostro territorio, inviterò i miei concittadini ad astenersi”.