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La Marozzi al capolinea. Anzi no, rilancia. Ma intanto deve procedere “con urgenza” al licenziamento di 85 lavoratori.

A leggere le comunicazioni diffuse nelle ultime 48 ore dalla società pugliese di trasporti, la prima sensazione che ti coglie è di essere dinanzi a un classico caso di disturbo bipolare. In realtà, siamo semplicemente al cospetto di una crisi aziendale grave e dagli sviluppi imprevedibili.

Procediamo con ordine.

Con una nota inviata il 13 novembre alle istituzioni e alle rappresentanze sindacali, Michele Triggiani – amministratore delegato della società pugliese – ha comunicato la “totale cessazione delle attività delle autolinee statali”.

Non un fulmine a ciel sereno, per la verità. Le difficoltà erano evidenti da tempo. Ad assestare il primo colpo era stata la piena liberalizzazione del mercato, avvenuta il primo gennaio del 2014. Il fisiologico ingresso in campo di nuovi operatori, poi, ha fatto il resto.

Decisiva, in particolare, la comparsa di compagnie low cost come Flixbus.

La società tedesca è il convitato di pietra della lettera di Triggiani. L’ad della Marozzi, nel mettere nero su bianco le ragioni della crisi, parla di nuovi operatori “che hanno adottato un diverso assetto organizzativo, molto più ‘leggero’, per quanto attiene la dotazione di strutture operative, di autobus e personale dipendente, nonché specifici modelli tariffari diversi da quelli tradizionali in uso, tali da comportare una rilevante riduzione dei ricavi degli operatori esistenti”.

Drammatici i numeri del ridimensionamento. La procedura di licenziamento collettivo avviata dalla Marozzi riguarda 85 delle 92 persone alle dipendenze dell’azienda e coinvolge i nove lavoratori impiegati in due delle quattro residenze di servizio ubicate in Campania:  Montesachio e Grottaminarda.

D’altronde, Marozzi– a leggere la comunicazione del suo Ad – continuerebbe ad esistere soltanto attraverso il servizio delle 2 autolinee regionali: la Roma-Avellino e la Roma-Sorrento-Amalfi.

Per il Sannio, dunque, che già sconta una atavica condizione di isolamento, una ulteriore opportunità di collegamento – con la altre aree del Paese e con la Capitale in particolare – verrebbe meno.

L’utilizzo del condizionale è giustificato dalla seconda comunicazione, apparsa proprio nelle ultime ore sul portale internet dell’azienda. Poche righe che stonano con il contenuto, a dir poco perentorio, della missiva ufficiale di due giorni fa.

“La Marozzi non chiude, piuttosto ha avviato un percorso di ristrutturazione nel rispetto delle normative e circolari vigenti. L’obiettivo è evidentemente quello di competere incisivamente sul mercato, puntando fortemente a garantire sempre più elevati standard di sicurezza, qualità e affidabilità. Marozzi con il proprio marchio amplierà, insieme ai suoi partner, i servizi di trasporto da offrire alla clientela anche in altre città della nostra Italia sino ad oggi non servite”.

Dov’è la verità? Le malelingue consigliano di ricercarla nelle aule del Parlamento. A palazzo Madama, nello specifico. Cinque gli emendamenti alla Legge di Stabilità che puntano – in diversa misura – a depotenziare Flixbus.

Non una manovra originale, a dirla tutta. Un tentativo analogo nel recente passato è già andato a vuoto. E oggi non ci sono segnali che lasciano pensare a un esito diverso.

Tant’è che un’altra ipotesi sta prendendo quota. Quasi un processo di flixbusizzazione della Marozzi, con l’azienda pugliese che dismetterebbe la gestione diretta delle linee per affidarla a ad altri operatori.

Insomma, nubi, nubi e ancora nubi.

L’unica certezza, per gli utenti sanniti, è data dalla sospensione, in atto già da ottobre, di alcuni collegamenti giornalieri; per i lavoratori, invece, dalla procedura di licenziamento avviata.