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In sciopero della fame da quattordici giorni, Pasquale D’Agostino, allevatore bufalino casertano che sta portando avanti la battaglia della categoria contro il piano regionale campano di eradicazione di brucellosi e tbc, è ormai esausto. Molto più a Sud, in Sicilia, anche un altro allevatore, Sebastiano Lombardo, è in sciopero della fame – le due proteste sono coordinate – contro i piani regionali ritenuti penalizzanti per il settore dell’allevamento di bufale e capi bovini.
Su facebook, D’Agostino, dopo essersi rivolto ai suoi tre figli per dire che non sa se riuscirà a pagare le rette universitarie, si appella al Governo affinché ascolti la sua storia e agisca con urgenza, nominando un Commissario nazionale che disapplichi il piano della Regione Campania. Un piano che gli allevatori ritengono troppo sbilanciato verso gli abbattimenti dei capi risultati positivi alle prime analisi – oltre 150 mila le bufale abbattute negli ultimi dieci anni, ma di queste solo poco più dell’1% è risultata realmente malata di brucellosi o tbc in seguito ad analisi post mortem – e applichi invece negli allevamenti la normativa europea, che prevede l’abbattimento solo quando il capo bufalino risulti realmente affetto dalla patologia, ovvero dopo le contro-analisi.
Dal letto del Centro don Milani di Casal di Principe in cui sta attuando la sua protesta – è dimagrito otto chili in due settimane – D’Agostino ripercorre la sua vicenda personale, che dimostra, dice “come la burocrazia sia sorda e cieca“. “Ad ottobre 2020, in pieno Covid – ricorda – il personale dell’Asl si presentò nel mio allevamento prescrivendo che avrei dovuto fare entro novanta giorni lavori per la biosicurezza di tasca mia tra i 20 e i 30 mila euro, per realizzare una stalla di isolamento e fare una recinzione; al Comune però in quel periodo era tutto fermo, e quindi quel termine datomi dall’Asl passò senza che riuscissi ad ottenere le autorizzazioni per poter fare i lavori. L’Asl mi diede altri trenta giorni, la stalla riuscii a farla in un altro capannone in cui c’era il fieno, che dovetti rimuovere, ma la recinzione fu completata all’80%, per cui per l’Asl non ero a posto. Poco dopo emersero delle positività di alcuni capi alla brucella, subii l’abbattimento di tutte le bufale, e proprio perché l’Asl aveva accertato che non ero stato in grado di ultimare i lavori prescrittimi, non ottenni gli indennizzi per le bufale abbattute. Ad oggi non mi sento di accendere mutui per ripopolare la stalla, ho paura che trovino un altro capo positivo, che per il piano regionale attualmente vigente va subito abbattuto senza attendere le controanalisi. Se cambia il piano o viene applicata la normativa Ue allora potrò anche fare nuovi debiti“.