- Pubblicità -
Tempo di lettura: 4 minuti

di Anna Rita Santabarbara

Quando si parla di “camorra” oggi, immediatamente saltano alla memoria le scene del film  “Gomorra”, tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano, e della ancor più popolare serie tv.
Ma è davvero quello il volto contemporaneo della camorra? Per Valerio Taglione,  coordinatore del Comitato Don Peppe Diana, la camorra oggi è cosa diversa rispetto all’icona che il cinema e la tv ci hanno trasmesso. Il potere criminale, infatti, non si serve più di pistole e  braccia armate. “La camorra oggi non spara più, ma non per questo è scomparsa, anzi”.  Assistiamo, secondo Taglione, ad una fase di transizione. “I grandi boss del passato sono  ormai tutti dietro le sbarre. Pensiamo a Bardellino, Schiavone, Bidognetti e Zagaria. Le mafie  hanno perso in questo momento o comunque attraversano un periodo di difficoltà”. Sarebbe,  tuttavia, errato credere che la camorra sia scomparsa. Quella odierna, anzi, è una camorra  ancora più pericolosa. Una camorra che vive nell’ombra, che allunga i suoi tentacoli all’interno  delle istituzioni confondendosi spesso con il sistema e diventando il sistema in sé. È una  camorra intelligente, raffinata, che preferisce il cervello e l’astuzia alla forza e al sangue.
Quest’anno abbiamo pensato che fosse opportuno fermarci un attimo e riflettere. Abbiamo deciso perciò che in occasione dell’anniversario della morte di Don Peppe, il prossimo 19 marzo, non organizzeremo la consueta marcia come negli anni passati. Abbiamo pensato piuttosto ad un dibattito pubblico dal titolo “Gli Stati Generali delle Terre di Don Diana”.

Si tratta di un progetto che ha l’obiettivo di valutare quanto è stato fatto negli anni passati e cosa  si potrà e si dovrà fare in quelli che verranno. Dobbiamo approfittare di questo momento di
debolezza della camorra e delle mafie in generale per capire quali strategie mettere in campo.  Se non lo facciamo adesso, poi sarà troppo tardi”, spiega Valerio Taglione.
In tale contesto, al degrado sociale e all’impoverimento culturale, si affianca la piaga che da sempre ha dato mano forte ai poteri criminali: la mancanza di lavoro. “Se non costruiamo  delle condizioni economiche in cui si dimostra che la legalità è conveniente, tutto quello che facciamo sarà vano”.
E dei modelli di economia alternativa sono stati già messi in atto partendo proprio dai beni  confiscati. La stessa Casa Don Diana, dove si svolgerà l’incontro del 19 marzo, è un immobile sequestrato. Si tratta della residenza di Egidio Coppola, cassiere del clan dei casalesi, oggi  divenuta un museo della camorra a due piani, in cui è possibile richiedere visite guidate per  scolaresche o gruppi e conoscere la storia di questo territorio. Due le mostre permanenti  allestite: “Non invano”, che raccoglie le foto di tutte le vittime cadute nella guerra alla  criminalità, l’altra, “Io Resisto”, che invece colleziona le foto degli attivisti delle associazioni  che negli anni hanno tentato di riscattare i territori del Casertano dalla presenza dei poteri  criminali. Tra le foto, fissate su pannelli di legni, si distingue uno spazio vuoto in cui compare  uno specchio. Dentro, di volta in volta, comparirà il riflesso del volto di ogni visitatore che,  specchiandosi, vedrà la sua immagine accanto alle foto degli attivisti. “Anche tu puoi diventare  agente di cambiamento”, è il messaggio lanciato da questo sottile espediente.
Scolaresche provenienti dalla Campania ma anche dal resto d’Italia, dalla Lombardia, dal  Trentino e dal Veneto, accorrono ogni anno per visitare questo museo della memoria. Ma  Valerio Taglione e i membri delle altre associazioni sanno che non è solo con il culto del  passato che si incide sulle coscienze. “Bisogna creare una filiera del bene”. In quest’ottica i  beni confiscati alla camorra diventano attività economicamente produttive che offrono lavoro  e occupazione ai cittadini che, in tal modo, non sono più costretti a lasciare i propri territori.
Dalla mozzarella, alla coltivazione ortofrutticola, dalla cioccolata, al vino, alla pizza: queste le  principali attività messe in piedi dalle cooperative allo scopo di riqualificare il territorio e  combattere il caporalato. L’idea è quella di far germogliare il bene dal male. In una società che  faccia rete, in cui la scuola, le famiglie, le associazioni e le istituzioni “non devono agire come ognuna a sé stante, ma come il tessuto di un’unica grande famiglia.