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Caserta – E’ capeggiata da una donna – già nota alle cronache con il nome della “maga dei promessi sposi” – ed è composta soprattutto da donne l’organizzazione a delinquere “rosa“, smantellata dai carabinieri di Caserta nell’ambito di un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

L’inchiesta fa luce sul fenomeno dei matrimoni di comodo tra immigrati e italiane compiacenti finalizzati a favorire l’ingresso e la permanenza illegale dei primi in Italia. Diciotto le misure emesse dal Gip di Napoli (cinque in carcere, undici ai domiciliari e due obblighi di dimora), tredici riguardano appunto donne, tra cui Zia Maria, al secolo Matilde Macciocchi, nota anche come “a bionda“, 61enne residente nel quartiere napoletano di Ponticelli – base operativa di tutto il gruppo – finita in carcere con la factotum Antonietta Noletto.

Zia Maria è una “vecchia conoscenza” dei finti matrimoni, già in passato arrestata e indagata per gli stessi fatti; emblematico un articolo di giornale del 2012 allegato agli atti dagli inquirenti, dal titolo “Donna Matilde, maga dei promessi sposi“. La Macciocchi, oltre ad organizzare il sistema, occupandosi di reperire e ospitare gli immigrati, falsificare i documenti di residenza e gli stati di famiglia, procacciava con la Noletto le ragazze per i matrimoni, spesso indigenti e dunque bisognose, come le sorelle di 27 e 29 anni Jessica e Francesca Riccardi Catino, o la 21enne Enrica Russo – le tre sono finite ai domiciliari – che come le altre “spose” hanno contratto più matrimoni, figurando anche come testimoni per altre nozze di comodo; la sola Francesca Riccardi, che lavorava in un bar di Ponticelli dove il gruppo aveva la propria base, si è sposata cinque volte.

“UNA RAGAZZA PRONTA” –Se vieni adesso tengono pronta la ragazza, non ti preoccupare ci mettiamo d’accordo. Mi conoscono tutti da Milano a Napoli“. E’ così che “zia Maria“, la 61enne Matilde Macciocchi finita in carcere nell’ambito di un’indagine sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina della Dda di Napoli, risponde nel settembre del 2019 ad un immigrato marocchino che la contatta.

Un mio amico vuole matrimonio capito?“, dice esplicitamente lo straniero. E’ nelle intercettazioni, nonostante ad un certo punto gli indagati inizino ad usare per cautela un linguaggio criptico e a ridurre le conversazioni, che i carabinieri della Compagnia di Caserta hanno trovato le prove dei matrimoni di comodo organizzati dal gruppo capeggiato da “zia Maria“.

In un’altra telefonata intercettata, la Macciocchiistruisce” uno straniero che ha appena avuto un bimbo garantendogli che ora avrà “subito il permesso. Sei papà di un bimbo italiano nato in Italia, hai capito? Facciamo bordello questa volta“. L’immigrato, che dimora in Lombardia, ricorda poi a Zia Maria di un ragazza da far sposare al cugino.

Dammi una ragazza qui a Milano e il resto ci penso io“, quindi chiude: “ma se non ha fatto nulla io ho qui un amico a Milano che fa tutto lui“. Ancora più esplicita un’altra telefonata tra zia Maria e un altro immigrato. “Porta qualcosa per i testimoni – si raccomanda la donna – porta qualcosa di soldi, porta qualcosa per il Comune che facciamo controllo e tutto, domani chiudiamo“.

NIENTE SOLDI? – Se non veniva saldato tutto zia Maria, la 61enne Matilde Macciocchi finita in carcere nell’ambito di un’indagine della Dda di Napoli sui finti matrimoni per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non dava seguito all’iter per far ottenere il permesso di soggiorno all’immigrato che aveva contratto le nozze fittizie.

Emerge da una delle telefonate intercettate tra la 61enne e una donna marocchina, Karima El Hariri (finita ai domiciliari), il cui cugino ha sposato un’italiana compiacente, ma che non ha provveduto a saldare quanto pattuito (tra i 5 e i 6mila euro), tanto da non aver ancora avuto un falso certificato di residenza necessario per il permesso.

Tu dovevi mandare ancora soldi e non li hai più mandati, altrimenti io li portavo a lui e gli facevo fare il controllo” dice zia Maria. “Come facciamo adesso?” dice la ragazza. “Prende la residenza lui a Mondragone e facciamo tutto a Mondragone; ma lui non mi ha mandato i soldi” ribadisce la Macciocchi.

In un’altra conversazione con un marocchino, emerge il prezzo dell’affare illecito. “Seimila e mezzo, seimila e cinquecento euro” dice il maghrebino. “Si ok” risponde a donna. In una diversa telefonata, è poi la stessa Macciocchi a dire il prezzo all’interlocutore. “Sei e mezzo“; “seimila euro” dice lo straniero fingendo di non aver inteso, e zia Maria lo corregge: “e mezzo”, quindi gli dice come fare.

Acconto non metterlo; manda prima i soldi dei documenti“. Ad un altro straniero la Macciocchi spiega di portare i soldi perché “dobbiamo pagare a Biagio del Comune“; nell’indagine comunque di dipendenti di Comuni indagati non ve ne sono.

MATRIMONI – Venivano scelte ragazze molto giovani, e comunque al di sotto dei trent’anni, come “spose” per i finti matrimoni con immigrati soprattutto del Nord-Africa. Emerge da un’intercettazione allegata all’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip di Napoli Giovanni De Angelis, che ha portato a smantellare un gruppo dedito alla realizzazione di finti matrimoni per far avere il permesso di soggiorno ad immigrati irregolari.

Zia Maria“, a capo del gruppo, parla al telefono con il suo fidato collaboratore Gennaro Di Dato (finito in carcere), che dice alla donna di “avere tutto pronto” per il finto matrimonio, e di attendere solo la “sposa“. “La sto andando a prendere” risponde la Macciocchi, spiegando di essere dovuta andare fino a casa della ragazza, una 22enne (è solo indagata), per convincere la madre. “Devo andare fino a là perché stavo sopra e ho dovuto spiegare alla madre per averla“.

In totale dalle indagini è stato accertato che sono 25 le donne italiane, di età compresa tra i 21 e i 49 anni, ad aver contratto matrimoni fittizi con stranieri; in alcuni casi è stata fatta solo promessa di matrimonio, che ha validità di sei mesi, ma permette allo straniero di aver permesso.

MARCHIO CRIMINALE – L’illiceità del sistema messo in piedi da zia Maria, la 61enne Matilde Macciocchi – finita in carcere nell’ambito di un’indagine della Dda di Napoli sui finti matrimoni per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – è emerso non solo dalle intercettazioni ma anche dall’analisi della documentazione per il permesso di soggiorno inviata dai migranti in particolare al Commissariato della Polizia di Stato di Castel Volturno, comune del litorale casertano dove dimorano molte migliaia di stranieri non regolari.

Alcuni stranieri infatti, si legge nell’ordinanza cautelare, “hanno indicato come consorte sempre la stessa donna, allegando anche il relativo certificato di matrimonio“. Inoltre, nella documentazione, gli inquirenti hanno trovato il “marchio dell’impresa criminale” gestita dalla Macciocchi, visto che “tutte le richieste sono state avanzate con kit postale presentato nella maggior parte dei casi presso l’ufficio postale del comune di Cercola, i prestampati del kit appaiono sempre compilati a penna dalla stessa mano, gli indirizzi dichiarati come luoghi di residenza ricadono tutti nel comune di Mondragone e spesso coincidono, alcune delle ragazze sposate (almeno cinque), hanno contratto più volte matrimonio con diversi cittadini clandestini, certificati di attestazione di avvenuto matrimonio e quelli di residenza sono parzialmente o totalmente falsi“.

In un caso è emerso che anche una immigrata cubana ha contratto matrimonio con un 35enne napoletano per avere il permesso. Enorme il giro di affari per la Macciocchi; in pochi mesi tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, gli inquirenti hanno accertato la movimentazione di oltre 41mila euro. Gli immigrati pagavano zia Maria attraverso canali come Western Union; la donna ritirava il danaro tramite una fitta rete di prestanomi, tra cui le collaboratrici Noletto (finita in carcere) e Luisa Maiello (domiciliari) e alcune spose.