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Caserta – Auto di lusso come Ferrari e Porsche Cayenne, e altri beni per un valore di 35 milioni di euro, sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza di Caserta – Gruppo di Aversa -nell’ambito dell’operazione denominata “Restore”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, che ha portato alla luce un vasto giro di false fatture a favore di oltre 600 aziende edili di tutta Italia, e all’arresto di 17 persone, dieci delle quali finite in carcere, sette ai domiciliari. Due  i presunti capi e promotori del business illecito, entrambi finiti in cella: si tratta del 45enne Gugliemo Di Mauro e del 38enne Vincenzo Ferri. Quest’ultimo, proprio oggi, è stato raggiunto da una seconda ordinanza, ma ai domiciliari, emessa dal Gip di Firenze nell’ambito di un’indagine della Dda fiorentina, perché avrebbe usato parte dei soldi incassati per oliare il sistema degli appalti pubblici in Toscana, favorendo il clan guidato da Michele Zagaria. Per altri 17 indagati dell’inciesta casertana, il Gip del Tribunale di Napoli Nord ha poi disposto l’obbligo di dimora. Per tutti gli indagati – in totale sono 34 – sono poi scattati i sequestri preventivi di beni a garanzia del credito vantato dal Fisco, appunto i 35 milioni di cui 13,5 milioni di euro corrispondenti ai proventi illeciti guadagnati, e 25 milioni relativi alla presunta evasione dell’iva.

L’indagine, realizzata in coordinamento investigativo con le Direzioni Distrettuali Antimafia di Napoli e di Firenze, ha consentito di individuare sei società “cartiere” con sede a Roma e nelle province di Lucca e Caserta, che secondo l’accusa, nel periodo tra il 2009 ed il 2016, hanno emesso fatture per operazioni inesistenti per oltre 100 milioni di euro a favore di 643 imprese beneficiarie della frode ed effettivamente operanti nel settore edile nell’intero territorio nazionale, prevalentemente in Campania, ma anche nelle Marche, in Toscana, Emilia Romagna, Lazio ed Umbria. Base logistica un ufficio di Carinaro, nel Casertano, dove nel 2016 fecero irruzione i finanzieri di Aversa, che sequestrarono oltre al computer, al telefono e alla macchinetta conta soldi, anche 110mila euro in contanti e abbondante documentazione da cui riuscirono a ricostruire il giro di false fatture e le 643 aziende beneficiarie; per molte, nei prossimi mesi, potrebbero arrivare le sanzioni del Fisco. Di Mauro e Ferri, è emerso, avevano un’organizzazione collaudata, con “capisquadra” che ogni giorno venivano a consegnare i soldi che altri membri della gang, i cosiddetti “prelevatori”, prelevavano dalla carte di credito a loro intestate. Semplice il sistema: le società edili pagavano le cartiere per forniture inesistenti, quest’ultime emettevano le fatture false ma intanto i soldi venivano girati ad altre società di comodo che a loro volta li trasferivano, mediante operazioni di giroconto e ricariche di carte postepay evolution, ai prelevatori.

La Finanza ha accertato che quotidianamente i prelievi, le ricariche poste pay e i postagiro, erano di oltre 200 mila euro. Alla fine del giro, i capi trattenevano una percentuale dal 12% al 22% sulle fatture emesse, il resto dei soldi tornava alle imprese edili che potevano così accantonare fondi neri. L’analisi della suddetta documentazione e le indagini finanziarie poi effettuate dal Gruppo della Guardia di Finanza di Aversa hanno consentito, infine, di accertare come i due gruppi criminali individuati fossero in grado di riciclare, attraverso vorticosi giri di prelievi, ricariche poste pay e postagiro, di oltre 200 mila euro al giorno. Tra gli indagati compare anche un funzionario della banca dove avevano i conti le società cartiere, che conoscenza la provenienza illecita dei soldi.