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Grazzanise (Ce) – Riceviamo e pubblichiamo una testimonianza a firma di Raffaele Raimondo, abitante di Grazzanise, che rende omaggio a uno dei bar storici del luogo, che ha chiuso i battenti dopo diversi decenni. Di seguito il testo: 

“Nel “paese dei bar”, dove fatti e fenomeni ugualmente cambiano, ha chiuso uno dei due capostìpiti: ‘u bar ‘e zi’ ‘Ntunin’, alias di Antonio D’Abrosca di Maria Cristina che, agli albori del secondo dopoguerra, ebbe la felice intuizione di aprire il Bar Sport. Nel periodo che Vincenzo De Michele (ex presidente della Provincia, il quale oggi conta 98 primavere) definisce “Secondo Risorgimento” italiano, corrispondente al generoso tempo degasperiano, zi ‘Ntunin diede, in Grazzanise, un importante contributo al sentimento di liberazione postfascista, all’aria nuova che si cominciava finalmente a respirare, aria di democrazia, scommettendo appunto sulla sportività. Buon caffè, gelati (specialmente al limone) preparàti artigianalmente, carte napoletane e di ramino in indovinato abbinamento a bigliardo e bigliardino furono le carte vincenti. Quante bazziche e quarantotto a stecca! Quante gare a boccette gialle e rosse d’avorio rotolanti sul tappeto verde!

S’aggiunse presto il Totocalcio e da allora in poi, il sabato sera, folti raduni per giocar la schedina e, nel tardo pomeriggio del “dì di festa”, molti palmi di naso e focosi commenti per i 13 mancati, che però più volte furono azzeccati, lasciando ai 12 la consolazione di una cenetta fra amici. Venne pure il tempo della televisione, alla fine degli anni Cinquanta, e si potevano permettere il rivoluzionario “bianco e nero” soltanto i notabili locali, pochissimi danarosi commercianti e qualche …bar: fu parimenti lesto zi ‘Ntunin a far montare un televisore, in alto su una mensola al muro, e così, specialmente nelle due ore settimanali di varietà (Il Musichiere, in seguito Canzonissima, fino a Studio Uno, Fantastico, Domenica In…) faceva il pienone: i più tempestivi clienti occupavano due allineate file delle vetuste sedie pieghevoli di legno a tavolette e, fra nuvolette di fumo che s’alzavano qui e là, si divertivano senza venir meno al dovere di “chiamare” una modesta consumazione. 40-50 lire costava il caffè e un pacchetto di sigarette (Alfa, Nazionali, Esportazioni con o senza filtro, Stop…) fra 150 e 180 lire. Che modi di trascorrere (spesso in alternativa al cinema Aragona di piazzetta Montevergine) i momenti di svago e di libertà! Quante battute, maldicenze e tragìr’ messi in campo per pizzicarsi o addirittura farsi del male a vicenda! Eppure che atmosfere umanissime adesso irripetibili!

Per di più le composte adunate al bar si protrassero, alla stessa maniera, nei successivi periodi delle grandi riunioni mondiali di pugilato che alimentavano l’ansia di vedere in diretta, per la categoria “pesi massimi”, i mitici scontri Clay vs Foreman o, per i “medi”, Benvenuti vs Griffith. Era il periodo in cui a Grazzanise prosperava ancora la robusta schiera dei mediatori (i sanzàn’) di animali e prodotti agricoli, cioè di accorti intermediari molto apprezzati pure fuori paese: uno di loro, detto Stefanell’, fumatore incallito, strepitava allorché le telecronache erano affidate a Paolo Rosi che egli riteneva portasse sfortuna al grande campione Nino Benvenuti. E, quando davvero si verificava, volavano impropèri e finanche bestemmie. A notte fonda nemmeno il jukebox poteva coprire i chiassosi contrasti.

State nella composta!”: così, tuttavia, l’arguto barista, in lingua italiana volutamente storpiata, esortava i più vivaci giovinastri a rientrar nei ranghi. L’anzianità e l’esperienza della vita, in quel tempo, facevano grado. Le signore hanno telefonato!” cominciò inoltre a dire, nei primi anni Sessanta, appena si diffuse in paese la rete fissa. Una brillante trovata per spingere i resistenti avventori ad alzar le chiappe, visto e rivisto che, dopo mezzogiorno, essi continuavano a trattenersi in interminabili discussioni grazie ad un solo caffè sorbito e magari offerto: lo scherzoso avviso sui “calàti maccheroni” bastava tuttavia a convincerli d’andar via e a permettere al titolare di poter pure lui giungere a gustare il bel pranzetto preparato dalla saggia zie’ ‘Ssunta. In quella serena fase di nuove speranze si trattenevano per giornate intere al bar i vecchi emigrati ritornati, come il longevo zi’ Giuann’ ‘e fierr’ (che, con un biglietto di 200 lire, aveva varcato in 20 giorni l’Atlantico per andare in America) o il satirico zi’ Tore oi To’ (il quale, durante il passaggio di funerali, interrotta la quotidiana partita a scopa per vincere al massimo un mucchietto di caramelle a menta, non lesinava espressioni di sfottò ai presenti sul pavimento esterno che prima dell’alba aveva scopato il sanzan’ Mnanzio). Nondimeno si discuteva di politica paesana e nazionale. Ciononostante i politici o i politicanti in corsa o fermi al palo preferivano radunarsi in capannello non al Bar Sport, bensì a pochi metri, sempre ‘ncopp’ ‘o ponte, per scambiarsi soprattutto mugugni, mire personali e smisurati attacchi ad assenti, predecessori e probabili nuovi rampanti.

Mario, Graziano, Bernardo e Ludovico (i quattro maschi moschettieri di casa D’Abrosca) a turno iniziarono a dare una mano ai genitori: caratteri differenti eppure ciascuno capace di stare, a modo suo, aret’ ‘o bancone, mentre vari tavoli erano affollati dal sepon’ (capannello) di guardatori-critici di giocatori intenti a battere avversari a briscola e tressette, trentacinque, quarantuno, pizzico, tre a chiamare, ranapiert’, chiusura, pokerino: difficile mestiere che nei recenti anni ha svolto – con ardente impegno e con l’aiuto della moglie omonima di sua madre – soltanto Ludovico, dialettizzato Luduìc’ e talora, in variante più speciosa, Liduìc’, o, per gli snob del mutevole idioma nazionale, Ludo, semplicemente accorciato. Ed è stato proprio Ludo, dopo molti pari e dispari e sui settant’anni di vita dell’esercizio, a decidere, al tramonto di quest’anno 2018, ‘e ‘nzerra’ ‘e pport. I suoi tre figli si sono dedicati ad altre attività, la concorrenza è cresciuta, il diritto al giusto tempo del pensionamento: tali le ragioni principali della scelta che immaginiamo “sofferta”, giacché il Bar Sport era un luogo di culto della migliore grazzanisanità, era il bar del grosso gioco d’azzardo evitato, era un tempio di confronto civile (benché irresponsabile, come tutte le conversazioni da caffè), era una delle sedi dell’amicizia. Mancherà specialmente agli attempati che l’accavallarsi di tante stagioni hanno già vissuto, non a giovani e giovanissimi adusi a diversi generi di piacevoli incontri. A molti anziani, passando davanti alle serrande serrate per sempre, si stringe il cuore”.