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Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ha condannato a tre anni l’imprenditore bufalino Salvatore Bellopede, accusato di aver usato il latte adulterato per produrre la mozzarella di bufala campana dop.
Il collegio presieduto da Luciana Crisci ha anche dichiarato l’estinzione dei reati per prescrizione per altri imputati, in particolare per gli ex titolari dell’allevamento bufalino di San Potito Sannitico, comune dell’Alto-Casertano, da cui Bellopede avrebbe acquistato il latte; si tratta dei fratelli Cecilia, Marcello e Carmine Crispino, e della madre dei tre, Anna Altieri, tutti difesi da Luca Tornatora e Vittorio Giaquinto.
Il loro allevamento fu giudicato non indenne dalla tubercolosi dai veterinari dell’Asl in seguito ad un sopralluogo effettuato nel 2015, ma solo nel 2017 la circostanza emerse durante le indagini che portarono ai domiciliari Salvatore Bellopede e il fratello con l’accusa di aver usato il latte con la soda caustica nella produzione delle mozzarelle, poi vendute tramite il caseificio che è poi fallito. Così anche i Crispino, sulla base di alcune intercettazioni ritenute rilevanti dagli inquirenti, finirono indagati e sotto processo, sebbene nel 2017 non gestissero più l’azienda.

Il processo in cui l’imprenditore bufalino Salvatore Bellopede è stato condannato, è legato a filone di principale nel quale i fratelli Bellopede vengono accusati di aver utilizzato la soda caustica per produrre la mozzarella.
Nel caso che vedeva coinvolti i fratelli Crispino, l’accusa per Salvatore Bellopede era di aver acquistato latte da allevamento in cui erano emersi casi di tbc tra le bufale.