- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Caserta – “Dopo un calo dei roghi tossici in Campania del 20% durante il periodo del lockdown, abbiamo assistito ad un incremento fino alla stabilizzazione a livelli ormai standard, ovvero 150 roghi in media al mese. Ma dobbiamo fare un passo in avanti, e intensificare la pressione sui campi nomadi”. E’ quanto ha affermato a Casal di Principe (Caserta) da Filippo Romano, l’Incaricato per il fenomeno dei roghi di rifiuti in Campania, nel corso dell’incontro tenuto a “Casa Don Diana” (bene confiscato) e intitolato “L’emergenza fra roghi di rifiuti e Covid -19”, promosso dal Consorzio nazionale dei rifiuti in polietilene Polieco, in collaborazione con il Comitato don Peppe Diana.

Romano ha spiegato che da mesi vanno avanti gli Action Day nei comuni delle province di Napoli e Caserta ricadenti nell’area cosiddetta “Terra dei Fuochi”; si tratta di controlli cui prendono parte tutte le forze dell’ordine, l’Esercito e i tecnici di Arpac e Asl, che si concentrano su determinate filiere produttive, dai meccanici ai gommisti, dagli artigiani alle piccole imprese. Centinaia i sequestri di aziende spesso in nero, di aree ridotte a discarica abusive. “Ci preoccupa il cittadino che getta rifiuti in strada, ma più l’imprenditore che per risparmiare sui costi di smaltimenti immette il suo rifiuto in un canale illecito” dice Romano, che poi annuncia che nelle prossime riunioni sugli interventi da effettuare, si discuterà di come intervenire sui campi nomadi; le persone che vi vivono sono spesso responsabili di parte dei roghi tossici che avvengono sul territorio, e lo abbiamo visto dopo il lockdown, quando le attività illecite attorno a tali insediamenti sono aumentate”. Romano ha insistito anche sull’importanza e l’urgenza di realizzare gli impianti per i rifiuti, come quelli per il compostaggio, ovvero per la frazione umida. 

Per Claudia Salvestrini, direttrice del Consorzio Polieco, che monitora i flussi dei rifiuti in polietilene, “purtroppo in questi anni il sistema viziato di raccolta, basato soprattutto sulla quantità e non sulla qualità, ha lasciato che gli imprenditori del settore si trasformassero in meri commercianti dei rifiuti, senza che si investisse in nuove tecnologie. Il sistema va cambiato, altrimenti continueremo a ritrovarci rifiuti che partono dal nostro Paese e anche dalla Campania per raggiungere mete estere o per finire in fiamme negli impianti di trattamento, in evidente difficoltà per l’avvio a smaltimento delle frazioni residue. L’emergenza Covid ha evidenziato ancora di più i problemi del settore e forse proprio la crisi globale può diventare l’opportunità per ripensare a nuovi modelli di economia circolare e green”.