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Il Tribunale del Riesame di Napoli, in base all’istanza di appello presentata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere avversa alle decisioni adottate dal gip Sergio Enea nell’ambito del procedimento giudiziario sulle violenze commesse dagli agenti della Penitenziaria ai danni di detenuti al carcere sammaritano, il 6 aprile del 2020, rischiano il carcere, in relazione alla morte di un detenuto algerino, gli indagati tuttora ai domiciliari: Pasquale Colucci, comandante del gruppo di ‘Supporto agli interventi’, Anna Rita Costanzo, commissario capo responsabile del reparto Nilo, l’ex comandante della Polizia Penitenziaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere Gaetano Manganelli, il sovrintendente Salvatore Mezzarano, da qualche giorno posto ai domiciliari dopo alcuni mesi passati in carcere. Tra i 30 indagati per i quali la Procura ha invece chiesto i domiciliari vi è quella dell’ex provveditore regionale alle carceri Antonio Fullone, che a giugno fu colpito dalla misura interdittiva della sospensione dal lavoro per sei mesi per il reato di depistaggio; la Procura ha fatto appello ritenendo che Fullone, contrariamente a quanto disposto dal Gip, fosse colpevole anche del reato di maltrattamenti mediante omissione, ovvero per non aver fatto nulla per impedire le violenze.

Come Fullone rischia i domiciliari per lo stesso motivo la funzionaria Maria Parenti, che il 6 aprile 2020 sostituiva alla direzione del carcere il direttore Elisabetta Palmieri, assente in quel periodo per malattia, mentre per i medici in servizio al carcere il giorno delle violenze, ovvero Raffaele Stellato e Pasquale Iannotta (entrambi solo indagati), i domiciliari sono stati richiesti per il reato di falso, escluso a giugno dal Gip. Ai domiciliari potrebbero finire anche Tiziana Perillo, comandante del Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti di Avellino, Nunzia Di Donato, comandante del nucleo operativo ‘Traduzioni e piantonamenti’ di Santa Maria Capua Vetere, e altri agenti solo sospesi a giugno. In caso che il Riesame accolga l’Appello del Pm, la decisione su eventuali arresti non sarà subito esecutiva, ma dovrà passare per la Cassazione. Va detto però che finora, proprio sotto il profilo delle misure cautelari, l’indagine ha retto tanto al Tribunale del Riesame di Napoli che alla Corte di Cassazione, dove la gran parte delle misure emesse dal Gip nel giugno scorso sono state confermate per quanto concerne i gravi indizi di colpevolezza, e le modifiche sono avvenute solo per mancanza di esigenze cautelari; si spiega così la circostanza che ad oggi non vi sono più agenti e funzionari in carcere ma solo ai domiciliari. A reggere soprattutto il reato di tortura, introdotto solo da qualche anno, e che molti avvocati hanno provato a metter in discussione. Mariano Omarto, legale del 48enne Raffaele Piccolo (ai domiciliari), ha chiesto invano agli ermellini di valutare la sussistenza di tale reato alla luce del fatto che è difficile che degli “schiaffi possano infliggere quelle ‘acute sofferenze fisiche’ o quell’agire con ‘crudeltà’ che costituiscono i requisiti che la norma richiede per configurare il reato di tortura”. Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile.