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Anche nella prima settimana di giugno, secondo gli ultimi dati resi noti, il listino per il comparto delle drupacee (albicocco, ciliegio, pesco, susino, ecc.) ha messo in evidenza una ulteriore regressione. Le cause sono molteplici, ma tra le prime vi è certamente quella delle elevate temperature, che hanno spinto le operazioni di raccolta a cercare valide alternative sui mercati di merce di provenienza estera. In progressivo assottigliamento le disponibilità per le fragole, le cui quotazioni hanno mostrato andamenti diversi sulle differenti aree produttive. Vendite più pacate sono state osservate per le mele.

Per quanto riguarda il comparto delle pesche e delle nettarine, tra i frutti più pregiati della produzione napoletana, i dati del mercato offrono una doppia interpretazione. Da una parte in fisiologico incremento l’offerta sui mercati per l’intensificarsi e l’estendersi delle operazioni di raccolta in tutto il Sud. Nel napoletano in particolare, la raccolta fin dalle prime battute ha interessato notevoli quantitativi di prodotto cui ha contribuito l’innalzamento termico che ha favorito la maturazione di diverse varietà contemporaneamente. Il problema è che all’incremento dell’offerta non è corrisposta una adeguata domanda.

In tale contesto le contrattazioni concluse si sono svolte sulla base di quotazioni in netto calo rispetto all’anno precedente. Piccola curiosità storica: già nel secolo scorso l’albicocco era riconosciuto come l’albero più diffuso, dopo il fico, nell’area del napoletano, e precisamente in quella vesuviana, Oggi si riconoscono oltre 40 varietà nella sola area vesuviana, basti pensare che con il termine “albicocca Vesuviana” si indica un insieme di oltre 30 diversi biotipi tutti originari dello stesso luogo. I più diffusi sono: Ceccona, Palummella, S. Castrese, Vitillo, Fracasso, Pellecchiella, Boccuccia Liscia, Boccuccia Spinosa e Portici.

Ugo Cundari