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Riorientare l‘area metropolitana di Napoli e specie la zona dei Campi Flegrei verso le aree interne della Campania sfruttando anche la direttrice costituita dalla moderna rete ferroviaria con 12 stazioni in via di realizzazione fra il capoluogo campano e Bari con un progetto di medio e lungo periodo: politiche del territorio lungimiranti, non con ‘deportazioni’ o provocando desertificazioni ma puntando ad un ‘riequilibrio’ utilizzando pure le Zone economiche speciali.
Questa l’indicazione fornita dal presidente dello Svimez, Adriano Giannola, in occasione del seminario a Napoli nel Circolo Savoia, sul tema “Fenomeni bradisismici dei Campi Flegrei e mitigazione del rischio vulcanico”, organizzato dal R.Y.C.C. Savoia in collaborazione con Rotary International-Club Napoli Est e CNR-IRISS. Un incontro nel corso del quale i il professor Antonio Coviello, ricercatore/economista del CNR-IRISS e docente universitario ed il professor Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca INGV ed associato CNR-INO, hanno ribadito le loro indicazioni. Vale a dire diminuire significativamente la popolazione residente nella zona rossa (circa 600mila persone),adottare uno schema di evacuazione progressiva che inizia da una piccola area considerata a maggior rischio, evacuare, almeno temporaneamente, gli edifici localizzati entro 1 chilometro e mezzo dall’area di Solfatara-Agnano, cioè nella zona in cui si producono i terremoti maggiori, per verificare l’agibilità e la capacità di resistenza degli edifici.
Le aree interne della Campania, ha affermato Giannola, sono ‘vivibilissime’ e rischiano di essere abbandonate. Occorre “sfoltire” i Campi Flegrei a parere del presidente dello Svimez: “Certo, non si possono spostare tutte le persone ma occorre creare le convenienze e delocalizzare alcuni funzioni come quelle amministrative. Serve un piano sensato e circoscrivere bene le zone interessate”.
Come ricercatore, non a nome del mio ente, penso si debbano fare modifiche importanti al piano di emergenza – ha affermato De Natale, dirigente di ricerca dell’Ingv – per migliorarlo. Non è molto razionale pensare di evacuare semplicemente basando tutto sulla previsione delle eruzioni che è una tecnica molto imprecisa. Bisogna diminuire progressivamente la popolazione residente. In queste zone si può fare turismo, lavoro, cultura ma non si dovrebbe risiedere come oggi”.

A parere dello studioso nei Campi Flegrei è necessario “più che dimezzare la popolazione residente”. “Per la popolazione residente rimanente, poi, occorre un piano di evacuazione graduale puntando prima su piccole aree”. Antonio Coviello – coautore, con Renato Somma, del libro presentato oggi su “I rischi catastrofali. Azioni di mitigazione e gestione del rischio” – ha ricordato che “un’evacuazione repentina e non programmata appare irrealizzabile ed economicamente insostenibile, dal momento che costerebbe oltre 30 miliardi di euro, così come abbiamo calcolato” e ciò in riferimento “all’evacuazione di 600mila persone comprese nel complesso della zone rosse – 1 milione e 300mila persone – dell’area napoletana”.
Massimo Clemente, direttore CNR-IRISS (Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo), ha evidenziato che “le strutture di ricerca non intervengono nell’emergenza ma agiscono a monte. Ora agiscono le istituzioni che stanno intervenendo in modo efficace e coordinato a vari livelli. A medio termine servono politiche territoriali di riequilibrio tra fasce costiere e aree interne come indica anche il professor Giannola”.