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NAPOLI – Claudio Salvia: funzionario della Prefettura di Napoli.

“Master di secondo livello in management pubblico, dodici anni a vigilare che non ci fossero interferenze della camorra negli appalti pubblici, il resto nell’ufficio anti-racket e anti-usura per amministrare i fondi che lo Stato destina alle vittime di questi due reati e che spesso ancora pochi sanno che esistono”.

Figlio di Giuseppe Salvia, vicedirettore del carcere di Poggioreale ammazzato dalla camorra di Raffaele Cutolo il 14 aprile del 1981.

“Avevo 3 anni. Tutto quello che ho l’ho guadagnato con le mie forze”.

Per la prima volta in politica.

“Primissima”.

Candidato al consiglio comunale nella lista ‘Maresca sindaco’.

“Prima di questa occasione avevo già ricevuto tante proposte. Ma avevo sempre rifiutato perchè il candidato sindaco non aveva la mia piena stima”.

Ora ha valutato diversamente.

“Ho una doppia responsabilità per il nome che porto”.

Suo padre quasi non l’ha conosciuto.

“Papà sapeva di andare incontro alla morte col suo comportamento integerrimo. Ma il suo esempio mi è bastato per tutta la vita: mia mamma l’ha solo tradotto nella quotidianità per me e mio fratello”.

Questa volta l’ha chiamata Catello Maresca.

“Ad inizio agosto: “Facciamo un percorso assieme?”

Ha detto sì.

“Non potevo dirgli di no. L’ho seguito sempre quando è stato pm della Dda, quando ha smantellato il clan dei Casalesi. L’ho sentito come un dovere morale. Solo questo: una poltrona e un lavoro ce l’ho”.

Suo padre avrebbe acconsentito.

“Sicuramente sì. La politica ha bisogno di persone serie. C’è bisogno di pulizia all’interno del Comune”.

Finora non c’è stata.

“Bisogna cambiare. Quando mi ritrovo a parlare con la gente che mi dice di essere di un altro schieramento politico, rispondo: “Vota chi vuoi, basta che sia degno della tua stima”.

La politica vista da vicino.

“Io la prendo come un servizio al cittadino, come quando faccio volontariato. Ho sempre odiato i politicanti. A me non importa nemmeno dei colori politici”.

Ma Maresca ora ce l’ha un colore politico: è di centrodestra.

“Io ho scelto di sposare la sua causa solo per lui”.

Ma con lui ci sono anche Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Le dà fastidio?

“Maresca ha fatto questa valutazione a monte. Io sono puramente civico. Per me conta solo Napoli, quello che si potrà fare per la città”.

Napoli è la terza città italiana, una capitale europea: si può amministrarla senza una visione politica? Senza un’idea di come farla stare al mondo?

“Amministrare bene non deriva da alcuna ideologia politica”.

Nè destra nè sinistra.

“Ci potrà essere anche una differenza di vedute. Ma minima”.

Claudio Salvia consigliere.

“Sarò sempre propositivo. Mai imprigionato nella logica secondo cui una proposta che considero buona, per il solo fatto che proviene da un altro schieramento politico, deve essere per forza bocciata”.

Il Prefetto Valentini e il Procuratore Riello hanno invocato candidati e assessori con un “quid plus” rispetto a quanto prescrive la legge.

“Hanno fatto bene”.

Nessuna interferenza in un ambito che dovrebbe rimanere strettamente politico?

“Hanno voluto lanciare solo un messaggio di sensibilizzazione: la città è in un vicolo cieco”.

Si candida al consiglio comunale anche Antonio Piccirillo, il figlio del boss della Torretta da cui ha preso pubblicamente le distanze.

“E’ un buona notizia per tutti. Alessandra Clemente ha fatto bene a candidarlo. Rappresenta un riscatto: bisogna coltivarlo”.

Il comitato “Verità e Giustizia” fa ricorso al Consiglio di Stato per non vedere cancellato il murales di Ugo Russo ai Quartieri.

“Bisogna cancellarlo. Il Prefetto Valentini per primo l’ha sollecitato. Altarini e murales della camorra devono sparire. Fomentano i ragazzi senza un vero riferimento”.

Bisogna pur recuperarli.

“Io da anni vado nelle scuole a portare la mia testimonianza. Una volta, a San Giovanni a Teduccio, un ragazzo convenne: “La camorra, allora, non vale niente!” Mi allargò il cuore. Mi basta fare centro anche in uno su cento di loro alla volta”.

E’ pronta la serie tv su Cutolo.

“E’ sconcertante. Sarebbe auspicabile che si girasse un docu-film su papà”.

Magari tratto dal libro di Antonio Mattone “La vendetta del boss”.

“Antonio ha fatto un lavoro incredibile con l’archivio del Ministero della Giustizia e circa 80 interviste a chi ha conosciuto papà. Sono venute fuori delle cose che nemmeno mamma sapeva”.

Tipo?

“Una volta, l’avvocato suo grande amico Antonio Vignola, lo beccò in un ospedale con una scatola di cioccolatini. Solo quando fu costretto, papà ammise che era per un figlio di un carcerato che doveva operarsi e che si ritrovava solo, senza nemmeno il conforto della mamma”.

La serie su Cutolo e il docu-film su Salvia: vanno bene entrambe?

“No. Vanno bene quelle che raccontano le storie di chi la camorra l’ha combattuta. Un’ora di serie tv tipo Gomorra rischia di inficiare un anno di lavoro di un maestro di strada offrendo ai ragazzi modelli sbagliati”.

No-play.

“Chi le produce è senza scrupolo: lo fa solo per i soldi”.