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Dopo il clamoroso furto dei gioielli di Napoleone al Museo del Louvre, un episodio definito dai media francesi rocambolesco e tragicomico, giunge da Napoli un appello inatteso e dal tono ironico ma carico di significato storico. A rivolgerlo ai ladri in fuga è stato il movimento Neoborbonico, che ha diffuso una lettera aperta indirizzata simbolicamente ai responsabili del furto e, più in generale, alla Francia.

L’ironia di una ferita antica

Nella missiva, i neoborbonici scrivono: “Gentili ladri, se è vero che le spoliazioni napoleoniche rappresentarono il più grande spostamento di opere d’arte della storia…”. Il testo prosegue richiamando il decreto del 3 febbraio 1799 emanato dalla Repubblica Napoletana, secondo il quale “appartenevano alla Repubblica Francese tutti i beni del Re di Napoli, il patrimonio delle scuole pubbliche, il denaro delle banche pubbliche, le casse statali, le tasse già riscosse, i tesori del Paese, i musei, le biblioteche e persino ciò che giaceva sotto gli scavi di Pompei ed Ercolano”.

Gli autori dell’appello, con tono volutamente provocatorio, chiedono che “una parte del bottino” venga restituita simbolicamente ai napoletani come risarcimento morale e storico per i saccheggi e i massacri subiti dal Regno di Napoli durante le invasioni francesi del 1799 e del 1806-1815, quando oltre centomila persone persero la vita.

Un messaggio tra storia e memoria

La lettera si chiude con un passaggio che mescola ironia e orgoglio: “Confidando nella vostra conoscenza della verità storica — quella ignorata da storici ufficiali giacobini nazionali e anche napoletani — e in attesa di un vostro riscontro, cortesi saluti dalla ex capitale del Regno di Napoli”.

Un gesto simbolico, quello dei neoborbonici, che riporta l’attenzione su una pagina di storia controversa e sul tema mai sopito delle spoliazioni napoleoniche, tra ironia e rivendicazione identitaria, in un dialogo paradossale ma eloquente tra passato e presente.