“Napoli risulta, in maniera molto chiara e da molto tempo, la capitale italiana per inquinamento dell’aria da biossidi di azoto, che significa motore a combustione”. Antonio Marfella, oncologo e presidente dell’Isde (Associazione dei medici per l’ambiente), conferma e rilancia l’allarme inquinamento. Un Sos lanciato, più volte negli anni, da lui stesso. Non lo sorprendono certo, quindi, gli ultimi dati dell’onlus Cittadini per l’aria. Sono frutto di un monitoraggio effettuato il mese scorso a Porta di Massa, nei pressi dello scalo portuale. “Già da 15 anni – spiega Marfella – sappiamo che circa il 40% complessivo di tutte le polveri sottili prodotte a Napoli proviene dall’aeroporto di Capodichino e soprattutto porto di Napoli”. Questo “perché le centraline registrano in particolare quello che si deposita, quindi proveniente più dal basso verso l’alto, che dall’alto verso il basso, ci hanno spiegato quelli dell’Arpac”. Peraltro, al 31 maggio scorso, “a Napoli e in Campania la situazione è globalmente peggiorata”. L’incremento, su base regionale, è di circa il 30%. Ad esempio, si registra un + 36% per la centralina di Napoli – Ospedale Pellegrini. Sono già 34 i giorni di sforamento del PM10 (22 alla stessa data del 2024). Un dato spiegabile con il “traffico intenso per la rotonda dell’aereoporto Capodichino” dice l’oncologo. Napoli – via Argine segna il +37%. “Attività del Porto – specifica lo specialista – in eccezionale incremento, senza elettrificazione delle banchine ancora assente“.
A Marfella, da sempre in prima linea, tutto ciò “fa incazzare”. Un sentimento generato dal cortocircuito tra la narrazione ufficiale e la realtà ambientale. Da un lato “il futuro ci porterà la metro, i treni, l’elettrificazione delle banchine del Porto”. Dall’altro, “attualmente i dati ci dicono che Napoli è la città capitale di inquinamento di biossidi di azoto rispetto a tutta Italia e di polveri sottili”. E dunque la “capitale d’Italia di mortalità evitabile e non evitata da inquinamento”. Le cifre ufficiali di “maggio 2024 le assegnano un terzo più di Milano”, cioè della città più industrializzata del Paese. La sintesi? “Questo – sottolinea il medico – uccide non meno di quattro napoletani al giorno tra infarti, ictus, diabete da inquinamento e infine cancro del polmone”. Sul piano epidemiologico “di queste emissioni nocive con specifico riferimento al porto, i dati dicono in maniera molto chiara che tra Portici e Napoli Est abbiamo il picco dei tumori del polmone, e corrispondono ai picchi rilevati di polveri sottili”.
Quando la disputa si trasferisce sull’aeroporto, viceversa, “l’errore è che se ci si limita al rumore, non si comprende il danno”. Il frastuono, infatti, “è il danno che si sente, ma è quello minore rispetto alle polveri sottili e biossidi di azoto”. E allora c’è un discorso di fondo. “Perché tutti vogliamo lo sviluppo” premette Marfella. Ma se “lo dobbiamo fare, sia fatto in maniera razionale”. E invece abbiamo lo scalo di Capodichino “in pieno centro”, e quello di Grazzanise “mezzo vuoto”. A detta dell’oncologo, l’aeroporto casertano “nasce proprio per essere per Napoli quello che è Malpensa per Milano”. Ovvero: “Capodichino dovrebbe curare il traffico italiano piccolo, come Linate”. E a Grazzanise “dovrebbe spostarsi il grande traffico internazionale, come a Malpensa”. Invece no. E insomma, Marfella vede questa ricetta anti inquinamento. “Elettrificare le banchine del porto – riassume – e Capodichino deve tornare a dimezzarsi ai valori almeno del 2010-2015″. Senza dimenticare le scadenze, ormai prossime. “Noi – ricorda il presidente Isde – dobbiamo entro il 2030, per obbligo dell’Unione Europea, ridurre il 40% di polveri sottili a Napoli”. Il tempo stringe, il degrado ambientale aumenta. Invertire il trend non sarà uno scherzo. “Non è questione di essere radicali – ribadisce Marfella –, significa solo dare delle priorità”. Ma molti fingono di non capire.