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Napoli – Come si possono raccontare i dolori, gli incubi, le inquietudini, le solitudini di una donna che ascolta in un’aula di tribunale gli strazi che ha subito una bambina di sette anni, violentata con una tale brutalità che non riusciva a trattenere i suoi bisogni fisici, che la notte aveva paura, che disegnava serpenti, e che spesso usava il suo  corpo per toccarsi nei momenti di panico o di troppa felicità. Vite  violate. Sogni violati. Infanzia violata. Non si possono raccontare quei momenti se non osservandoli in silenzio. Osservano lo sguardo di una nonna che si alza dalla sedia e in aula del tribunale urla con tutto il fiato trattenuto in gola contro l’orco, contro colui il quale è ritenuto  dalla procura di Napoli Nord l’assassino, il violentatore, l’uomo nero che nessun bambino nella vita dovrebbe mai incontrare lungo il proprio cammino. Lacrime, invettive, imprecazioni. È finita così la prima parte  della lunghissima e dolorosissima requisitoria per il processo che si  tiene da quasi un anno davanti alla quinta sezione di corte d’Assise di  Napoli per la morte di Fortuna Loffredo detta Chicca,  uccisa a sette anni al parco Verde di Caivano il 24 giugno del 2014.  Qualcuno aveva abusato di lei per anni e poi stanco aveva deciso di  lanciarla nel vuoto dal settimo piano dell’isolato C, l’isolato  dell’orrore. Quel qualcuno per la Procura è Titò che ha provato in ogni  modo a difendersi in un italiano al limite del comprensibile. Si è  dichiarato innocente anche se questa mattina era agitato. Con lui è  imputato anche la compagna Marianna Fabozzi, accusata di favoreggiamento negli abusi sessuale che Titò avrebbe perpetrato sulle tre sue figlie,  minorenni, una delle quali è la testimone oculare del delitto di Chicca.  I suoi racconti non sarebbe usciti neanche dalla penna del più  fantasioso autore di film horror. Scene si sesso di gruppo,  palpeggiamenti, minacce e poi quel delitto: “Ho visto Titò lanciare  Chicca dalla finestra”. La settimana prossima ci sarà la richiesta di pena. Ergastolo è quello che chiedono tutti.