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Gli inquirenti parlano di “cattiva – se non scriteriatamente abbandonata – gestione del Servizio Idrico Integrato dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) 3 Sarnese Vesuviano”. Sono 13 gli inviti a dedurre emessi dalla Procura Regionale della Corte dei conti nei confronti dell’ex governatore Stefano Caldoro e 11 ex suoi assessori, tra i quali Edoardo Cosenza, oggi membro di spicco nella giunta comunale di Napoli. Identico atto notificato alla Gori spa, concessionaria del servizio. Le presunte irregolarità sono emerse dall’indagine del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, coordinata dai sostituti Davide Vitale e Flavia Del Grosso. Gli accertamenti riguardano gli anni tra il 2013 e il 2018, per la gestione del servizio idrico integrato in 76 comuni delle province di Napoli e Salerno. Il danno erariale ipotizzato sarebbe di 90 milioni di euro.

L’istruttoria coinvolge, praticamente, l’intero esecutivo di Caldoro, in carica nel quinquennio 2010-2015. Invitati a depositare proprie deduzioni ed eventuali documenti, sono anche Guido Trombetti, Giovanni Romano, Gaetano Giancane (ex ufficiale delle Fiamme Gialle), Fulvio Martusciello, Anna Caterina Miraglia, Severino Nappi, Daniela Nugnes, Ermanno Russo, Pasquale Sommese e Sergio Vetrella.
La procura contesta alla Gori, a titolo doloso, e alla giunta regionale, per colpa grave di aver “consentito, se non decretato (…) il pregiudizievole omesso trasferimento – con riguardo al periodo 2013/2018 – di tutte le opere idriche e depurative” all’Ente d’Ambito e, per esso, al soggetto gestore. La condotta si sarebbe attuata violando “precipui obblighi di servizio piuttosto che convenzionali”. Si sarebbe così permesso “che i costi delle note e imprescindibili fasi di gestione delle citate opere, compresi interventi di somma urgenza, restassero a carico dell’Amministrazione regionale laddove avrebbero dovuto essere sostenuti” dalla Gori.

Il mancato trasferimento della gestione delle opere idriche e depurative regionali al gestore, infatti, non avrebbe permesso di attuare il dettato normativo. E quindi “di non avere un servizio idrico integrato efficiente”, determinando una serie di criticità, “foriere di vari nocumenti erariali al bilancio regionale”.

Secondo le indagini, la Gori avrebbe incassato dall’utenza la tariffa del servizio idrico e del servizio di depurazione, “senza realizzare il servizio idrico integrato”. In qualità di concessionario per la riscossione, non avrebbe riversato alla Regione Campania la quota di tariffa spettante all’ente di Santa Lucia, per il servizio di fornitura di acqua idropotabile e del servizio di depurazione delle acque reflue, “traslate nella tariffa pagata dall’utenza dell’Ato 3, nel periodo 2013 – 2018”. I costi di gestione del servizio idrico e del servizio di depurazione sarebbero dovuti essere essere a carico del gestore, e ‘scaricati’ sull’utenza tramite tariffa. Invece sarebbero stati sostenuti dalla Regione. La stessa Regione Campania avrebbe finanziato i costi di gestione delle opere e degli impianti dei servizi idrici non trasferiti alla Gori, per i quali non avrebbe percepito la quota di tariffa ad essa spettante. Avrebbe fatto ciò “ricorrendo alla fiscalità generale o al credito bancario o comprimendo altri servizi”. Da adesso, gli invitati hanno 45 giorni per replicare alla Procura.