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NAPOLI – Da una parte i risultati, quelli positivi, dall’altra i disastri di un sistema che stenta a migliorare. La Corte d’Appello di Napoli, ad esempio, è collassata a causa di un carico di sentenze da emettere altissimo. Questo questo genera l’impossibilità sia di emettere decisioni e quindi di garantire la “certezza della pena”, sia l’estinzione del procedimento per prescrizione. Nel settore penale sono 45mila i processi ancora da definire, 43mila invece in quello civile. Pur se il lavoro dei magistrati e’ proficuo, in quanto il Distretto di Napoli è tra quello più produttivo con 12mila procedimenti estinti, purtroppo l’esecuzione delle sentenze divenute definitive risulta un grave problema. Questo il sunto della relazione del presidente della Corte d’Appello di Napoli, Giuseppe de Carolis, all’inaugurazione dell’anno Giudiziario del Distretto napoletano che oltre a comprendere Napoli, ha la competenza su Torre Annunziata, Nola, Aversa, Santa Maria Capua Vetere, Benevento e Avellino. «La situazione critica della Corte d’Appello e’ particolarmente grave perché costituisce il terminale del lavoro di tutti i Tribunali del Distretto – dice De Carolis – Non ha senso continuare a pronunciare sentenze di primo grado se poi, una volta appellate, sono destinate ad accumularsi per anni negli armati della Corte di Appello senza che possano diventare definitive». Impietosi i numeri: solo nel settore penale sono 12mila le sentenze che non sono state eseguite. Le soluzioni. «La creazione di una task force per la lavorazione dei fascicoli arretrati partendo dal più vecchio. Nel solo 2017 sono stati lavorati ben 1.745 fascicoli di sentenze di condanna. La creazione di una unità maxi-processi che cura. Convenzione con i tribunali del Distretto per la lavorazione dei fascicoli definiti in sede di Appello. Un ufficio centrale permanente che monitori l’andamento dei procedimenti definiti e a rischio prescrizione. E infine – sottolinea De Carolis – una convenzione con la regione Campania per tirocinanti da formare nel settore penale».