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Napoli –  Applausi e scene di dolore questa mattina nella Basilica reale pontificia di San Francesco di Paola in piazza del Plebiscito a Napoli, per i funerali solenni del sovrintendente capo della Polizia di Stato Giovanni Vivenzio, morto tre giorni fa in ospedale a seguito delle ferite riportate in un incidente stradale avvenuto il 6 aprile in via Giordano Bruno. A dare l’ultimo saluto all’agente oltre ai familiari anche le forze dell’ordine e le autorità civili. Durante l’omelia la figlia Giada ha letto una lunga lettera dedicata al padre scomparso: “Sarà dura senza di te ma sono orgogliosa di essere tua figlia. Il tempo si è fermato a quel 6 aprile. Non accettiamo il fatto che non tornerai più a casa e ci rifiutiamo di andare avanti. Te ne sei andato senza darci il tempo di salutarci. Mi consola solo il fatto che te ne sei andato facendo quello che più amavi, il tuo lavoro”. Affranta la moglie: “Non meritava di fare questa fine”. All’esterno della basilica ci sono stati abbracci e momenti di forte commozione tra familiari ed amici stretti del poliziotto. Un lungo applauso e le sirene spiegate delle volanti hanno suggellato la fine della cerimonia funebre. 

Vivenzio, della sezione “Falchi”, era a bordo di una moto insieme a un collega e si stava muovendo a supporto di colleghi per la segnalazione di uno scooter rubato, quando la moto si è scontrata con un’auto. Il collega è ancora ricoverato in ospedale ma non rischia la vita. Nel corso della cerimonia è intervenuto il questore di Napoli, Alessandro Giuliano: “Questo nostro lavoro così bello e difficile – ha detto Giuliano – solo ogni tanto ha degli aspetti eclatanti, che rubano l’attenzione della gente. Per la maggior parte è fatto di sforzi, sacrifici e atti di coraggio compiuti ogni giorno di cui nessuno saprà mai nulla, ma non per questo meno importanti, come correre in supporto di colleghi che stanno inseguendo uno scooter. Oggi ne parliamo per quanto avvenuto a Gianni e Stefano, ma forse è il momento giusto per ricordare il lavoro oscuro e spesso rischioso delle donne e degli uomini delle forze dell’ordine, eroi normali che lasciano il segno e che non si dimenticano”.