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“Credo che lo scudetto del Napoli diventi un po’ per tutti un motivo per gioire ma anche per rimboccarci le maniche e lavorare sodo per far sì che questa città, la cui storia è ricca di trame di bene, possa continuare a tesserne altre ancor più ricche di vita e di speranza”. Lo ha detto l’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, in un passaggio dell’omelia pronunciata in occasione della celebrazione nella chiesa di Santa Chiara per il prodigio della liquefazione del sangue di San Gennaro. “Se lo sport, come spesso si dice, è la metafora della vita – ha proseguito – allora questo vuol dire che Napoli, e non solo la sua squadra, può vincere il campionato della storia e le partite della vita. Il Vangelo è la bella notizia di un Dio appassionato che fa il tifo per tutti i suoi figli soprattutto per chi fa più fatica, per coloro che ai tornanti dell’esistenza si sentono mancare la forza e la speranza, credendo che tutto è perso, disperando del futuro”.

L’arcivescovo ha esortato Napoli “a non disperare mai: te lo ha insegnato e te lo insegna perfino la tua squadra che ha avuto la capacità di rinascere dopo tempi bui fino ad illuminare la tua gioia e a dare lustro alla tua storia. Te lo ha insegnato e te lo insegna da secoli il tuo santo patrono, che con il simbolo del suo sangue vivo ti ricorda che non c’è nulla di perduto che non possa essere salvato e che l’ultima parola sarà sempre della vita, dell’amore, del bene, del bello”. “Forza Napoli”, ha ripetuto più volte, prendendo in prestito lo slogan calcistico per un’esortazione alla città.

“Forza Napoli, mentre gioisci per la vittoria della tua squadra, progetta e sogna vittorie più ampie, quelle che restano non solo nella storia dello sport ma che segnano rivoluzioni pacifiche nella storia di un popolo, insegnando all’intero mondo che sei molto di più dei pregiudizi con cui ti etichettano. Impara da questi giorni la bellezza dell’esultare insieme, del sentirsi parte di una comunità viva, dell’abbracciarsi per la gioia come per il dolore. Non lasciare indietro nessuno dei tuoi figli, occupati con amore dei tuoi piccoli, costruendo per loro un futuro di giustizia, fondato sul bene comune”. Dal prelato l’invito a che “la vittoria di cui stai godendo spalanchi il cuore alla nostalgia di vittorie più grandi, ridesti in te il sogno di Dio, la vocazione di accoglienza e solidarietà a cui ti ha chiamato da sempre, iscrivendola nel codice genetico della tua gente, del tuo popolo”. E continuando a usare la metafora dello scudetto conquistato dalla squadra di calcio, Battaglia ha esortato la città a che “la gioia che in questo giorno avvolge tutti, dal centro alle periferie, dai piccoli ai grandi, dai ceti abbienti a quelli più umili, ti insegni che è possibile rompere gli steccati di separazione, quei muri che pure ti dividono in zone, classi sociali e gruppi che spesso convivono senza mai incontrarsi” e “a recuperare la forza del noi, la bellezza della fraternità, la certezza che soli non si va da nessuna parte, ma che solo prendendosi per mano, sognando insieme, lottando insieme, soffrendo insieme, è possibile generare nuove primavere, dar vita ad epoche nuove illuminate dal sole della giustizia, bagnate dal mare della pace, coperte dal cielo della solidarietà”. Nel concludere, don Mimmo ha ricordato alla città che “a rallegrare le tue giornate non c’è solo l’azzurro di cui ti sei ricoperta in questi giorni, ma anche il manto celeste di Maria. In questo mese tradizionalmente dedicato all’intimità con lei, tu possa ritrovare nel suo canto la forza per la tua rinascita, il segreto della tua vittoria, la formula della tua speranza”.

Sono convinto che il vescovo Gennaro nel misterioso magistero che continua a offrire alla città, che lo invoca come amico e fratello, oggi stesso, mentre noi portiamo sulle nostre spalle la sua immagine e conduciamo su di noi il segno prodigioso del suo sangue, ci chiede di fare in modo che i poveri divengano sempre più la meta feriale delle nostre processioni nascoste agli occhi degli uomini, ma note allo sguardo misericordioso del Padre”. In una chiesa gremita, Battaglia ha sottolineato che “anche quest’anno ci ritroviamo insieme a percorrere i vicoli e le strade della nostra città” e che “anche oggi sarebbe assurdo trasformare questo momento in una semplice verifica dell’avvenuto prodigio”.

Le opere grandi si compiono quando facciamo un gioco di squadra tra noi e con il Signore e sono certo che nella misura in cui scommetteremo su questo gioco potremmo realmente rivoluzionare l’ordine ingiusto e iniquo che tante volte avvolge la nostra città, il nostro Paese, il mondo intero. Sì, giocare in squadra con Dio significa credere che il male, la morte, l’egoismo non avranno l’ultima parola sulla vita, sul creato, sulla storia”.

“Giocare in squadra, tutti, nessuno escluso, – ha aggiunto – anche chi in alcuni momenti della sua vita ha danneggiato il gioco, ha ignorato i compagni, ha commesso falli gravi, ignorando le regole e la fraternità”. Nel corso dell’omelia l’arcivescovo ha riservato un passaggio alla vicenda di Fabio Varrella, ingegnere ferito per difendere lo scooter da alcuni rapinatori., lo scorso marzo. “Qualche giorno fa – ha detto Battaglia – Fabio mi ha detto che il suo desiderio non è la giustizia intesa come sanzione ma, piuttosto come possibilità data anche a chi nella vita ha sbagliato, come i suoi rapinatori, che considera persone da aiutare a risalire dal baratro della violenza e su cui scommettere perché anch’esse una volta recuperate potranno contribuire al gioco della comunità, al bene di tutti. Si, scommettere sul bene, prevenire il male, affinché non ci siano più feste la cui genuina gioia è inquinata da mani violente e da cuori armati”