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È il 2 settembre scorso quando Fernando Llorente firma col Napoli da svincolato, decidendo di vestire la maglia numero 9. Quello del gigante navarro è un inizio devastante in azzurro: al debutto con la Sampdoria, il 14 settembre, mette subito a segno l’assist per Mertens. Tre giorni più tardi sigla la prima rete col Napoli nella magica notte contro il Liverpool, in Champions League. Cinque giorni dopo ancora gioca titolare a Lecce facendo una doppietta: 3 reti in 3 gare, ed un amore immediato che fa scordare ai tifosi un scomodo passato nella Juventus ed un mercato estivo chiuso senza il tanto agognato colpaccio in attacco.

Nel calcio però, tutto cambia dal giorno alla notte. La crisi di risultati, gli ammutinamenti, le multe: il Napoli sprofonda ed anche lui gioca sempre meno, fino a perdere completamente il posto con l’arrivo in panchina di Gattuso. L’ultima gara da titolare, non a caso, è targata Ancelotti: Napoli-Bologna 1-2, un gol valido, l’altro annullato in pieno recupero e che non permette agli azzurri di portare a casa il pari. Da lì, il vuoto totale.

Ultimo nelle gerarchie, l’arciere spagnolo ha giocato meno di mezz’ora complessiva in due mesi. Col Parma e col Sassuolo non è sceso in campo. Sei invece sono i minuti giocati contro Inter e Lazio. Quindici con la Fiorentina, due con la Juventus, mentre a Genova con la Sampdoria è rimasto tutto il tempo in panchina. L’unica sua gara da titolare nella gestione Gattuso è quella di Coppa Italia contro il Perugia (con la Lazio, sempre in Coppa, ancora una volta non ha giocato nemmeno un minuto). Numeri poveri che certificano come il classe 1985 sia passato, nel giro di cinque mesi, da uomo di punta a ultima ruota del carro.