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NAPOLI – Quella è equivoca, quell’altra attaccata agli scogli del lungomare. Quella è “o-scena” (nel senso che fa a cazzotti col paesaggio circostante), quell’altra è troppo grande. Quella non ha nulla a che vedere col Natale, quell’altra è “un clamoroso cedimento all’immaginario hollywoodiano”.

Perchè, quando mancano ancora 41 giorni al 25 dicembre sono già 2 mesi che le luminarie di fine anno, a Napoli, fanno tanto discutere?

Per un motivo detto. Ma anche per una serie di motivi non detti, sottintesi o solo accennati.

Cominciamo col motivo detto, anzi detto e ridetto: stradetto. Concerne l’elemento estetico. Del resto: Eduardo/Luca Cupiello serve l’assist since 1931. In una memorabile battuta di ‘Natale in casa Cupiello’, rivolto al figlio, non gli chiede “Te piace o’ presepe?”? E come gli risponde Tommasino sapendo di fargli un dispetto? “No, non me piace!”. 

E allora: alla domanda “te piacciono ‘e luce?” i “no” dei novelli Tommasino si rincorrono soprattutto sui giornali: mentre i napoletani, grandi e piccoli, per lo più cominciano a farsi i selfie con le luminarie dietro, si scomodano in tal senso commentatori, analisti, direttori di museo, più o meno influencer. Fino ad ammonire il neo sindaco Gaetano Manfredi reo di aver partecipato, ieri, alla cerimonia di accensione delle luminarie assieme al vescovo Mimmo Battaglia e al presidente della Camera di Commercio, Ciro Fiola.

E’ stato proprio quest’ente a finanziare con 2 milioni e 300 mila euro l’illuminazione di 36 piazze e 145 chilometri di strade, dal centro alle periferie, promettendo (o minacciando, a secondo dei punti di vista), il doppio della copertura per l’anno prossimo. Il tutto, c’è da dire, dopo che gli ultimi Natali, a Napoli, anche a causa della pandemia, sono trascorsi all’insegna dell’anonimato. 

Fin qui, comunque, il grosso del detto delle polemiche.

Quello a cui si rimanda solamente è che, in generale, Napoli e i suoi monumenti sono poco e male illuminati. Mentre un ingegnere napoletano, Antonio Pasqua, è da anni responsabile dell’illuminazione dei tesori d’arte di Firenze, per dire ricollegandosi ai discorsi che si fanno quando ci si lamenta del fatto che le migliori risorse cittadine si esprimino lontano dalla città che li ha formati.

E comunque: si rimanda anche al fatto che le luci di Natale di Napoli sono a (regolare) firma dell’unica azienda che si è presentata alla gara. Che quest’ultima è stata vinta con un ribasso dello 0,56%. E che l’azienda vincitrice è la stessa di “Luci d’artista”, la kermesse che sotto Natale fa girare dal 2006 il nome di Salerno in tutt’Italia.

Salerno, la città del Governatore De Luca che diversi politici napoletani, dopo l’uscita di scena di Luigi De Magistris, temono ora possa definitivamente imprimere il suo marchio anche sul capoluogo partenopeo.

Ciò che si sottintende nella polemica delle luci per chi ha orecchie per intendere, infatti, è proprio questo: che esse non rappresentino un pò il cavallo di Troia per l’invasione, da Procida a Resina, dell’impero di quel salernitano di De Luca.

Ma c’è anche un’altra questione politica, più concettuale ma di prospettiva, che scorre sotto la polemica sulle luminarie e si propone ai buoni intenditori.

Ed è quella del pericolo dello svilimento della città, della sua iper-commercializzazione, della sua omologazione sull’altare del turismo di massa. Si avverte, con queste luci, un pò lo stesso pericolo da cui sono scaturite le friggitorie a cielo aperto, gli spritz e quant’altro è sorto in città negli ultimi tempi e che si può ritrovare uguale identico in qualsiasi altro grande centro urbano.  

Ecco: il pericolo che molti fanno presente è che Napoli, in questo modo, svenda la sua cultura, la sua peculiarità, le sue tradizioni, la sua unicità: quella che dovrebbe differenziarla dalle altre e renderla sul mercato turistico riconoscibile, diversa. E per questo, scelta.

E insomma: il ragionamento è che se dei turisti, anche e soprattutto quelli auspicati dal neo sindaco Manfredi “di qualità” perchè “alla ricerca di un turismo esperienziale“, vogliono vivere l’atmosfera del Natale delle luci e dello shopping di lusso sceglieranno sempre mete come Londra o New York, piuttosto che Napoli.

Il rischio che si mette in evidenza, quindi, è quello, con questo tipo di luminarie, di giocare la carta culturale sbagliata nella partita del turismo.

Insomma: chi sposa questa corrente di pensiero crede che chi viene a Napoli rischia di non trovare più Napoli.

E sarebbe un vero peccato perchè, come scrisse Giuseppe Marotta, per la sua atmosfera, i suoi colori, i suoi sapori, i suoi guai, i suoi tesori, Napoli a Natale è due volte Napoli.