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Napoli – Dopo il successo all’ultima edizione del Napoli Teatro Festival Italia, venerdì 29 novembre, ore 21.00, torna in scena, sul palcoscenico del Nuovo Teatro Sanità, lo spettacolo Primo amore – Atto senza parole 1&2 di Samuel Beckett, per la regia di Costantino Raimondi, anche in scena al fianco di Sergio Longobardi.

Formatosi al Teatro Bardafe’ e all’Ecole Internationale de Mimodrame di Parigi con Marcel Marceau, Raimondi affida al movimento fisico la necessità di ridare senso e poesia al mondo descritto dal grande drammaturgo irlandese nei tre testi scelti per la messinscena, prodotta da Teen’s Park e dal Nuovo Teatro Sanità. Replica sabato 30 novembre ore 21.00 e domenica 1 dicembre ore 18.00. Info e prenotazioni al 3396666426 oppure all’indirizzo e-mail [email protected]. Costo del biglietto intero 12 euro, ridotto (under 25 e over 65) 10 euro.

Si inizia con Primo amore, testo scritto nel 1946 e rimasto inedito per venticinque anni. Il protagonista è un clochard, che racconta della tomba del padre, del cimitero dove riposa e dell’innamoramento per Lulu. L’opera è un viaggio-ricordo pieno di umorismo disincantato e di avversioni oniriche, che lascia spazio a interventi diretti e imprevisti. Segue la messinscena di Atto senza parole 1, pièce dove il protagonista tenta ironicamente il suicidio in un spazio neutro, non riuscendoci e sfiorando il tragicomico. L’azione corporea qui rende visibile, l’invisibile. In Atto senza parole 2, i personaggi A e B sono simili ma opposti: pigro il primo, scrupoloso il secondo. Chiusi entrambi dentro due sacchi ripetono gesti del quotidiano.

«Le opere di Samuel Beckett — spiega Costantino Raimondi — secondo dei criteri imposti dagli eredi, devono rispettare le didascalie e l’integrità letteraria. Non è permesso scenografare, aggiungere musiche e scambiare i sessi dei personaggi. Queste regole, durante il percorso della costruzione di Primo amore – Atto senza parole 1&2, mi hanno fatto scoprire sul palco ancora di più, il fascino e il linguaggio dell’universo beckettiano, ai miei occhi delicato e surreale. Il mio linguaggio parte dal corpo, mezzo che esprime attraverso il gesto, il pensiero e le emozioni, un immaginario collettivo, teatrale e contemporaneo. Lo scopo è recuperare la risonanza lirica attraverso il silenzio, per dare all’interprete voce, peso e densità, con un teatro di maschera e carne, pragmatico e non psicologico».