Un punteggio maggiore in relazione all’aumentare del reddito del nucleo familiare, e un limite di partecipazione fissato a 15.000 euro: chi guadagna meno è escluso. Lo prevede il nuovo regolamento per la locazione degli immobili comunali ad uso abitativo a Napoli, eccettuati gli alloggi di edilizia popolare. E scoppia la polemica. “Il Comune di Napoli affitta solo ai ricchi” protestano la rete Set e la Campagna Resta Abitante. A farli insorgere, in particolare, quanto prevede l’articolo 5 del regolamento. È relativo alle modalità di assegnazione e al contenuto dell’avviso pubblico. Al punto 4 si premette che “la locazione degli alloggi del patrimonio disponibile è finalizzata a generare un reddito per l’Amministrazione”. Pertanto, sarà attribuito “un punteggio maggiore in relazione all’aumentare del reddito del nucleo familiare del richiedente”. Viceversa, non sarà “consentita la partecipazione alla procedura a coloro che presentano un reddito annuale inferiore a euro 15.000,00”.
Il regolamento è stato approvato il 14 novembre, con delibera della giunta Manfredi, su proposta dell’assessore al Bilancio. Ora dovrà passare al vaglio del consiglio comunale, per il via libera definitivo. L’atto sottolinea come il patrimonio immobiliare sia una “ingente risorsa economica” per Palazzo San Giacomo. E come dalla sua gestione dipenda anche “la tenuta del bilancio comunale”. Il regolamento (articolo 2) richiama espressamente il Patto per Napoli: in materia di cespiti immobiliari, l’obiettivo strategico è “massimizzarne la redditività”. Ma non tutti ne condividono l’approccio. “Come una qualunque società immobiliare – attaccano Set Napoli e la Campagna Resta Abitante – anche l’amministrazione comunale fa il casting ai più ricchi per affittare le case di sua proprietà”. La richiesta è di cambiare la nuova disciplina, prima del voto in consiglio comunale. “Ma non si dovrebbero favorire i più svantaggiati?” si domandano i contestatori. I timori vanno anche alla “bolla speculativa degli affitti privati“, ostacolo al “diritto alla casa in città”. “Che speranza c’è – argomentano gli attivisti – se la prima a comportarsi così è l’amministrazione comunale?”.
Sulle barricate salgono anche i consiglieri di Potere al Popolo, Chiara Capretti, Thomas Straus (II Municipalità), Fabio Tirelli (IX Municipalità) e Diego Civitillo (X Municipalità). Riguardo al documento, individuano un vulnus nell’assenza “di ogni riferimento agli scopi sociali”. Nel mirino c’è proprio l’articolo 5, con i requisiti reddituali. “Sono uno scandalo – affermano – in una città come la nostra, nella quale il turismo senza regolamentazione ha provocato un aumento esponenziale dei costi degli affitti”. Tra le preoccupazioni, infatti, c’è anche la destinazione del patrimonio disponibile del Comune. Sullo sfondo si intravede ancora il profilo dell’overtourism. L’articolo 2, al punto 4, apre ai fondi comuni di investimento. Si ammette persino la possibilità, per l’ente comunale, di promuoverne la costituzione. “Non servono particolari competenze economiche – sostengono i consiglieri di PaP -, per capire che questi fondi preferiranno valorizzare gli immobili, destinandoli alla creazione di nuove strutture ricettive per i turisti“. Ovvero, uno dei meccanismi considerati all’origine del “processo di espulsione dei residenti dalla città, soprattutto dal centro storico”. La chiave di volta “per aprire le porte a un flusso incontrollato di viaggiatori”. Ma l’importante, si sa, è fare cassa.