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Napoli – Sono state condannate a venti anni complessivi le tre persone imputate perché avrebbero “affittato” un utero tramite la criminalità organizzata di San Giovanni a Teduccio. Il giudice di primo grado, al termine del processo celebrato con il rito abbreviato, ha dunque inflitto otto anni alla donna, una romena, che si sarebbe prestata a portare avanti la gravidanza in maniera “surrogata” in cambio di 10mila euro ai futuri genitori. La notizia della condanna è stata riportata sull’edizione di oggi del quotidiano “Il Mattino”.

I soldi, hanno sostenuto gli inquirenti, sarebbero stati frutto di un prestito da parte di un boss attualmente in carcere con l’accusa di omicidio, che voleva fare un “regalo” ad un suo affiliato. Come hanno confermato gli uomini della Procura, questo tipo di “dono” servirebbe a rafforzare il ruolo del boss stesso nella propria area di controllo, pratica molto diffusa tra i clan: “Ha agito per fornire la dimostrazione sul territorio della forza della propria organizzazione, tanto da mostrarsi in grado di procurare un figlio a uno dei suoi seguaci”.
Il processo, affidato al gup Paola Piccirillo, si è svolto con rito abbreviato; il camorrista, invece, sarà processato con il rito ordinario.

Le tre condanne arrivano al termine di un fitto lavoro investigativo. A quanto pare, dietro questo caso si celerebbe una vera e propria rete di trafficanti d’utero e la stessa donna condannata ieri sarebbe coinvolta in almeno altre quattro vicende simili. L’indagine nelle mani del pm Antonella Fratello, della Dda di Napoli, è partita al termine della confessione di un pentito che nelle scorse settimane aveva raccontato di un vero e proprio “mercato” di neonati che interesserebbe tutta l’area est di Napoli.

di Ornella d’Anna