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La qualificazione alla prossima Champions League sembra un miraggio e quindi che futuro avrà il Napoli di De Laurentiis? Prova a spiegarlo l’esperto economico Marco Bellinazzo sul Sole 24 ore. Il tema è il futuro sportivo della squadra, un club che fatica sul campo e nei conti a far crescere il fatturato. Se il Napoli in campo in questi anni ha raggiunto uno status di potenza europea, fuori dal terreno di gioco non mostra segni di evoluzione significativi. 

Questi i passaggi più significativi sulle colonne de ‘Il Sole 24 ore’: “La fragilità del conto economico e le recenti scelte aziendali del Napoli si possono riassumere e spiegare con due cifre estrapolate dall’ultimo bilancio: 205 e 211 milioni. La prima rappresenta il fatturato strutturale del club di Aurelio De Laurentiis, non considerando le entrate da calciomercato. La seconda indica il costo dell’organico partenopeo, sommando ingaggi e ammortamenti. Solo grazie a 94 milioni di entrate derivanti dalla valorizzazione del parco calciatori, tra cui 83 milioni di plusvalenze, prestiti e anticipi su future cessioni, il bilancio al 30 giugno 2019 ha riportato un risultato positivo di 29 milioni. L’innalzamento della qualità della squadra, con conseguente incremento dei costi di gestione, saliti del 15% complessivamente a quota 252 milioni, non è stato compensato da un adeguato aumento delle voci di entrata su cui il club può ordinariamente fare affidamento”.

Il giornalista Marco Bellinazzo ha analizzato i conti della SSC Napoli, rivelando che il club azzurro è assolutamente costretto a vendere i suoi pezzi pregiati: “Per acquisti e prestiti dal luglio 2019 al gennaio 2020 sono stati investimenti oltre 150 milioni. Il club si è comunque coperto le spalle. Il calciomercato estivo 2019 ha infatti già garantito plusvalenze per 37,6 milioni, con cessioni a titolo temporaneo per 16,3 e obblighi di riscatto per 63,5 milioni. Eventuali cessioni di pezzi pregiati la prossima estate (da Koulibaly ad Allan) perciò possono portate in cassa almeno un centinaio di milioni, coprendo il fabbisogno e attutendo l’eventuale mancato accesso alla Champions”.

La vera debolezza del club è causata fondamentalmente da uno stallo nella crescita dei ricavi che dura da troppi anni e che è il riflesso del mancato sviluppo infrastrutturale e commerciale dell’azienda: “Senza poter attingere alle risorse europee, il fatturato strutturale scende addirittura sotto i 150 milioni. Il dislivello con i costi della produzione arrivati nel 2019, come detto, sopra i 250 milioni ha costretto la società a virare drasticamente verso una gestione sempre più orientata al player trading. Il Napoli oggi sembra perseguire un diverso duplice obiettivo: evitare pesanti deficit di bilancio e tagliare in maniera duratura il costo della rosa (i compensi contrattuali ai calciatori sono stati pari a 101,6 milioni, più 13,5 milioni di bonus e premi) ripartendo da calciatori dagli ingaggi più abbordabili e “titolari” dello sconto fiscale del decreto Crescita. I mancati rinnovi di Mertens e Callejon si spiegano in questo modo. Accontentare le loro richieste avrebbe peraltro scatenato i manager degli altri tesserati in attesa di prolungamento”.

Cinque anni fa, nel bilancio al 30 giugno 2013 il Napoli aveva un fatturato strutturale pari a 145 milioni, ovvero 115 milioni strutturali escludendo 30 milioni di plusvalenze. Il problema è che in questi cinque anni i costi della produzione sono saliti di più: “Lo stadio ha prodotto 15,8 milioni (-17% rispetto al 2018), a causa del blocco degli abbonamenti annuali per i lavori al San Paolo in vista delle Universiadi. I diritti tv della Serie A invece sono aumentati di oltre 7 milioni grazie alla nuova distribuzione dei proventi (da 73,1 a 80,8 milioni). L’area commerciale ha fatto segnare un leggero incremento, con le sponsorizzazioni cresciute da 30,6 a 36,7 milioni. In particolare gli sponsor ufficiali hanno versato 9 milioni e lo sponsor tecnico Kappa 9,2 milioni. Dalle voci merchandising e licensing il Napoli ha incamerato solo 4,2 milioni e 1,1 dai diritti di immagine. La partecipazione alle competizioni europee ha assicurato 56 milioni (40 in più della stagione precedente)”.

Ma quindi dove vuole andare il Napoli? Senza programmazione aziendale prima o poi anche la squadra potrebbe risentire dello scarso abbrivio economico: “La società dei De Laurentiis, che hanno percepito al 30 giugno 2019 circa 5 milioni di euro come remunerazione per le cariche ricoperte nel cda (composto da Aurelio, che è anche l’amministratore delegato, Edoardo che è vicepresidente, la figlia Valentina e la moglie Jacqueline altro vicepresidente, più Andrea Chiavelli), può contare peraltro su un patrimonio netto di 145 milioni, composto anche da 105 milioni di disponibilità liquide, un unicum non solo in Italia”.

Ecco perché saltare una qualificazione in Champions mette il club nelle condizioni di dover fare plusvalenze di rilievo per non bruciare le riserve fin qui accumulate: “Più che sufficiente per rispettare i parametri del fair play finanziario anche per quanto concerne l’indebitamento netto. Al 30 giugno 2019 il Napoli non ha debiti finanziari o bancari. Il totale del debiti è di 163 milioni, tra cui 133 per il calciomercato, 18 con fornitori e 10 con il Fisco. I crediti ammontano a 88 milioni, di cui 66 per il calciomercato. L’obiettivo perseguito dal presidente De Laurentiis appare patrimonialmente ineccepibile, anche se sportivamente rischioso. il rischio è che la restaurazione avviata a gennaio e che proseguirà in estate possa impoverire il tasso tecnico dell’organico e rendere sempre più complicata la rincorsa all’Europa che conta. La scommessa da cui dipendono le sorti del Napoli appare perciò essere quella di ritrovare competitività sportiva e riequilibrando i conti attraverso le cessioni dei suoi migliori giocatori”.