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Gennaro Panzuto alias Genny Terremoto al centro nella foto

Le mafie che cambiano pelle, nel ritratto di Gennaro Panzuto alias “Genny Terremoto”, ieri killer dell’Alleanza di Secondigliano, oggi collaboratore di giustizia e testimonial della legalità anche in virtù di un ritorno alla ribalta delle cronache dovuto all’attività social, in particolare con i video di Tik Tok, che Panzuto utilizza proprio per mettere all’indice i comprtamenti da camorrista che un tempo lui stesso praticava. La sua, infatti, è una cruda premessa: “La camorra, la mafia, erano merda in passato come lo sono ora”, chiarisce l’ex sicario del clan Piccirillo della Torretta.

Ma detto questo, tante cose sono mutate, come spiega Panzuto nell’incontro promosso a Napoli dall’associazione Insorgenza. Uno spartiacque sono state le stragi del 92-93. A conti fatti, un pessimo affare per i clan, vista la reazione dello Stato. Una risposta scandita da una pesante legislazione antimafia, la cui avanguardia è il 41 bis, il carcere duro. Il fallimento della “politica stragista” ha creato, per le mafie, il tabù degli omicidi eccellenti di poliziotti, magistrati, giornalisti. “Io ero giovanissimo – racconta Panzuto -, c’era il capo della sezione omicidi della squadra mobile Pasquale Trocino che non aveva remore. Ci buttava le moto per terra, veniva nelle nostre case e ce le rompeva con la scusa delle perquisizioni. Una volta si presentò al matrimonio di Antonio Calone, boss di Posillipo, e ci portò a tutti in questura, rovinandogli il giorno più bello della vita. Stanchi di queste vessazioni, io e un amico pensammo di ucciderlo sul lungomare, dove andava a correre”.

Ma il progetto gli venne bloccato, temendo nefaste conseguenze per il cartello criminale. “Andammo a Secondigliano dai Licciardi, i quali – afferma il pentito – ci risposero che se lo avessimo fatto, poi loro avrebbero dovuto uccidere noi. Restammo spiazzati”. Per questo, Panzuto non crede nemmeno al piano dei Casalesi di eliminare lo scrittore Roberto Saviano. “Il problema dei Casalesi – sottolinea – sono state le condanne definitive, il rancore era per i giudici che le avevano pronunciate. Sono stato un anno in carcere con Antonio Iovine, uno dei fondatori dei Casalesi. Una volta al tg parlavano di Saviano, gli chiesi come fosse nata questa cosa di ucciderlo, lui mi guardò e fece: ‘cosa devo dirti, l’ultimo dei nostri pensieri era lui'”. Peraltro, allo scrittore, Panzuto riconosce “intelligenza e scaltrezza, ma non mi dica che Gomorra è stata una cosa buona per Napoli”.

Il nodo sarebbe proprio lì: la fascinazione dei modelli malavitosi. “La differenza dalla camorra del passato – sostiene – sono le motivazioni che spingevano uno come me verso la delinquenza. Un ragazzo di oggi che non ha vissuto un disagio forte, lo fa per uno status symbol, ma non ha un bisogno. Io ricordo che noi non avevamo nemmeno le scarpe, e le rubavamo in Villa Comunale ai ragazzi che facevano sega a scuola”.

Concorda il penalista Nicola Cappuccio: “Gomorra non sta raccontando il fenomeno mafioso. Non esiste che non si veda mai una macchina della polizia”. E il blogger Gigi Lista, presidente di Insorgenza, smentisce Bertolt Brecht: “Non è sventurata la terra che ha bisogno di eroi, io dico che è sempre tempo di eroi, e oggi servono più che mai”. Ma “Genny Terremoto” non risparmia neppure i vip: “Ho fatto numerosi appelli ad attori, cantanti, calciatori famosi, ma c’è una forma di omertà: non ho mai visto un calciatore, considerando che sono icone per tanti ragazzi, che dica che la camorra è tutta merda, che con la delinquenza si fa solo una brutta fine”. Però, invita anche a non cadere “in una trappola, se lo Stato non fa nulla non deve essere un alibi: lo Stato dobbiamo essere noi, anche individualmente. Lo dico io che ho fatto parte dell’Anti Stato. E laddove vedo che lo Stato non vuole cambiare le cose, devo crederci io”.