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Non solo l’omicidio di camorra di una vittima innocente, ma un atto di “aberrante valenza simbolico-terorristica”. Questo sarebbe il crudele assassinio di Gelsomina Verde, uccisa il 21 novembre 2004, nell’ambito della prima faida di Scampia. Il corpo della ragazza, 22 anni, fu dato alle fiamme all’interno della sua auto a Secondigliano. Per questi fatti, oggi è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due indagati:  Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi.

Sono accusati di aver fatto parte del gruppo di fuoco del clan Di Lauro, guidato da Ugo De Lucia, cugino di Luigi e già condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio. Gelsomina, giovane operaia, era estranea alle logiche dei clan. Fu rapita e picchiata, prima di essere ammazzata con un colpo di pistola – secondo gli investigatori – perché ritenuta legata sentimentalmente a Gennaro Notturno, considerato uno scissionista dei Di Lauro. Dunque un traditore della cosca di Cupa dell’Arco.

I due indagati – afferma l’ordinanza del gip Marco Giordano – avrebbero contribuito “in modo vigliacco, subdolo, brutale e impietoso” ad eliminare “una donna giovanissima, indifesa, innocente, estranea, in prima persona, alla contesa camorristica in atto”. Il giudice ha condiviso la ricostruzione investigativa della Dda di Napoli. Rinaldi e Luigi De Lucia avrebbero dato “mostra di un’assoluta insensibilità etica” e di “completo asservimento a logiche e dinamiche talmente aberranti da risultare maggiormente prossime a quelle proprie del terrorismo, più che a quelle, pur gravemente malsane ed inumane, della criminalità organizzata di stampo mafioso”.

Questo passaggio del provvedimento, per la sua importanza, viene sottolineato da alcuni inquirenti. “Sul piano della qualificazione giuridica del fatto, non può che condividersi quella prospettata dal pm – scrive il gip – appaiono in particolare sussistenti gli estremi costitutivi della contestata aggravante di cui all’art. 416 bis.1, co. 1, c.p., nella sua duplice declinazione, considerata la pacifica matrice associativa della causale dell’assassinio, funzionale (secondo la deviante e malsana logica tipica della criminalità organizzata di stampo mafioso) alle dinamiche proprie della ‘guerra di camorra’ illo tempore in atto tra il clan Di Lauro e gli ‘scissionisti’, ed avuto inoltre riguardo alle stesse efferate e brutali modalità esecutive dell’omicidio, tali da far assumere all’evento, come si è già detto, un’aberrante valenza simbolico-terroristica”. L’omicidio di Gelsomina Verde varrebbe, cioè, “quale ostentata espressione, agli occhi, innanzitutto, della cittadinanza della zona, dell’irriducibile forza di intimidazione esterna promanante dal sodalizio”.

In poche parole: “Nessuno è al riparo; chi non si schiera, chi non collabora fornendo appoggio o informazioni contro il ‘nemico’ sarà punito senza pietà, anche se giovane, donna ed innocente”.