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Napoli – “Arrangiatevi” questo il messaggio che passa dal Governo agli operatori della scuola. Oggi in protesta in ben 60 piazze italiane. Anche Napoli si accoda con una mobilitazione in Piazza del Plebiscito.

Docenti, operatori scolastici, ma anche gli studenti che vogliono tornare tra i banchi, insieme a numerose sigle sindacali che si uniscono al grido unisono “Settembre è ora”. La scuola, difatti, non può aspettare ancora le decisioni ambigue che in questi giorni arrivano a rilento da Roma.

Con i sindacati ne nasce anche una piccola polemica, subito smorzata per far fronte all’interesse più importante, “Levate queste bandiere – grida una prof contro dei rappresentanti sindacali – è la protesta della scuola”.

Le linee ministeriali sono una dichiarazione di guerra alla scuola pubblica” racconta una docente indignata mentre sopraggiungo numerosi manifestanti che si uniscono alla mobilitazione. Perché, quella di di oggi, non è solo la protesta della scuola, ma il grido di un Paese intero che vuole ripartire e per farlo servono necessariamente dei chiarimenti per uno dei cardini della nostra Costituzione, come quello dell’istruzione.

In piazza ci sono anche giovanissimi studenti delle scuole elementari che, insieme ai propri prof, disegnano la loro scuola ideale. Un momento per tornare  a giocare con i loro coetanei mentre la piazza continua ad affollarsi sempre più.

Orario pieno, diritto alla città, edilizia scolastica sono solo una parte degli slogan che gli insegnati scrivono sugli striscioni affissi lungo la piazza più grande del capoluogo campano. Ma su quegli stendardi non ci sono solo messaggi ma tutte le mancanze che, da prima del Covid, la scuola pubblica italiana patisce.

Tra tutti quello che spicca maggiormente è il discorso economico, “Servono più soldi da investire nella scuola” il resto difatti sono solo chiacchiere della politica demagogica che negli ultimi anni ha dato poco interesse all’istruzione, culminato nel disastro della didattica a distanza messa in atto durante i tempi cruenti della pandemia, “La vostra idea di scuola è opposta all’idea di bambini, studenti, insegnanti e genitori”.

La scuola pubblica – spiega ad Anteprima 24 un’indignata Marcella Raiola, docente di Latino e Greco al Liceo Flacco di Portici – rischia la disintegrazione. Pensavamo di aver raggiunto l’apice dello smantellamento con la legge 107, invece il Covid è diventato un alibi per distruggere letteralmente la scuola pubblica profilata dalla Costituzione”.

Siamo qui – chiarisce la prof –  per denunciare l’assurda pretesa di rimodulare gli orari e di imporre una didattica a distanza che è stata una soluzione emergenziale ma che non soddisfa assolutamente le condizioni che la Costituzione prescrive”.

Innanzitutto – continua Raiola – quelle dell’uguaglianza perché un milione e seicentomila studenti non sono stati raggiunti dalla Dad (Didattica a distanza) che è asfittica individualizzante assolutamente non idonea a garantire la formazione e l’istruzione”.

Mentre resta un pensiero comune, per tutti i docenti, quello sulla scarsità produttiva delle indicazioni giunte ad oggi dal ministero “Le linee guida emanate parcellizzano gli interventi, delegando ai presidi che interpretano in maniera estensiva l’autonomia che per noi è il male capitale della scuola. Dal 1997 in poi con l’autonomia sono nate scuole di serie A e serie B”.

Ora – spiega preoccupata la docente – ognuno farà per se è c’è il rischio dello smantellamento delle classi. Non si tiene conto neanche dei caratteri psicologici e pedagogici. Così diamo la scuola in pasto ai privati che non sono qualificati e umiliano nuovamente i docenti e gli studenti”.

Gli istituti italiani hanno una media di 52 anni di vita. – risponde la professoressa sulla sicurezza delle scuole, per un possibile ritorno a settembre nelle aule – In provincia, come nel mio caso, ci sono persino dei condomini adibiti a scuole. Noi chiediamo un punto di Pil di percentuale in più per la scuola. C’è il Mes, il recovering found, ci sono adesso 200miliardi in arrivo, 20 di questi devono essere stanziati per la scuola e per l’Università perché la scuola ha una centralità cruciale nella formazione, nell’educazione, nell’istruzione, nella scoializzazione e nella creazione di cittadini del domani. Non possiamo sottrarre il futuro ai ragazzi”.