- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

“Mamma, svegliatevi dal sonno, lo sanno che sono io, lo sanno…”: intercettano una vera e propria confessione, dopo avere raccolto importanti indizi circa le sue responsabilità, i carabinieri del Nucleo Operativo di Poggioreale e gli agenti della Squadra Mobile di Napoli che oggi – al termine di indagini coordinate dal sostituto procuratore Claudia De Luca – hanno condotto un 17enne del quartiere Ponticelli nel centro di prima accoglienza dei Colli Aminei in attesa dell’udienza davanti al gip Paola Brunese.

Gli inquirenti gli contestano una serie di reati (tentato omicidio aggravato, tentata rapina aggravata, porto abusivo di arma da fuoco in luogo pubblico e ricettazione) in relazione a una cruenta tentata rapina di uno scooter avvenuta lo scorso 29 marzo durante la quale i banditi spararono due volte contro un ingegnere di 32 anni che non volle consegnare il mezzo. Il video dell’accaduto divenne immediatamente virale e la vittima rischiò la vita e poi anche l’amputazione di una gamba. 

Le forze dell’ordine, lo scorso 31 maggio, tendono un tranello al 17enne: gli fanno intendere di avere capito che era lui il ragazzo vestito di nero che con un complice in via di identificazione ha sparato all’ingegnere. Fanno un chiaro riferimento alla sua altezza (“ma quanto sei alto, un metro e cinquanta”) e al fatto che le immagini del sistema di videosorveglianza del distributore dove è avvenuto il fatto (peraltro in presenza di un testimone, uno straniero che lavora lì) sono a tal punto chiare da consentire un’affidabile l’identificazione delle persone coinvolte. Dopo avere consegnato un invito a presentarsi in Questura gli agenti se ne vanno e attraverso le cimici registrano la conversazione che segue: il ragazzo ammette di fare parte di una banda che verosimilmente dopo le rapine chiede anche un riscatto per la restituzione del bottino (la cosiddetta tecnica del ‘cavallo di ritorno’), e anche di avere commesso altri colpi. Per timore di scoperto però, dice di essersi fermato: “Noi già saremmo carcerati se stessimo facendo ancora le rapine, già avremmo sparato a sette di loro (a sette vittime)”. “Io non faccio più le rapine, ma le ho fatte”, dice ancora e poi aggiunge: “Quelli sanno la verità” (circa l’identità di colui che ha ferito il 32enne). “Quello l’ha detto: tu per un motorino spari ad una persona”, replica una persona che era in casa con il 17enne, e il minorenne risponde “eh, se la gente è scema”. A questo punto, comprende chiaramente quale sarà al sua sorte e comincia a manifestare i primi timori: “A me mi arrestano“. Durante una telefonata con la madre poi giunge la conferma del suo coinvolgimento: “Mamma, svegliatevi dal sonno, lo sanno che sono io, lo sanno che sono io, svegliatevi dal sonno, lo sanno che sono io”.