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Getta nuova luce su una vicenda che ha visto protagonisti Arianna Parmentola e Antonio Amendola, cioé la nipote di Pupetta Maresca e suo figlio, la sentenza della terza sezione penale della Corte di Appello di Napoli che, qualche giorno fa ha riformato quella con la quale il gup di Torre Annunziata, lo scorso gennaio, ha condannato madre e figlio a 3 anni e 2 mesi, e a 7 anni e 4 mesi di reclusione.
Parmentola, figlia di una sorella della prima donna boss della camorra, venne arrestata per usura ed estorsione insieme con il figlio, a cui veniva contestato anche il tentato omicidio, per avere cercato di estorcere con la forza una somma di denaro prestato a tassi usurai a un loro parente (il genero di Parmentola) e di avere cercato di riavere i soldi con l’uso di una pistola. All’epoca il Tribunale del Riesame di Napoli ritenne insussistente il reato di usura e, successivamente, la Cassazione quello di estorsione.
Ciononostante, al termine del processo di primo grado celebrato in abbreviato, il gup di Torre Annunziata condannò sia la madre, sia il figlio.
Nei giorni scorsi la Corte di Appello di Napoli, cui gli imputati hanno fatto ricorso, ha assolto madre e figlio (quest’ultimo difeso dall’avvocato Raffaele Chiummariello), con la formula “perché il fatto non sussiste“, dall’accusa di usura ed estorsione, riqualificando, contestualmente, il tentato omicidio, contestato solo ad Amendola, con quello meno grave di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”.
Di quest’ultimo reato però sono stati ritenuti colpevoli la figlia della sorella di Pupetta Maresca e Antonio Amendola. Le pene in relazione a questa decisione sono state rideterminate in un anno di reclusione per la Parmentola e 5 anni e 8 mesi per suo figlio Antonio.