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La crisi di governo aperta dalle dimissioni delle ministre di Italia Viva è arrivata al suo epilogo. Il premier Giuseppe Conte, dopo un Consiglio dei Ministri tenutosi in mattinata e dopo essere salito al Colle, ha consegnato nelle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella le proprie dimissioni

Meno di una settimana fa Conte aveva comunque ottenuto la maggioranza alla Camera e al Senato ma, in ogni caso, l’appello rivolto ai ‘responsabili’ non ha sortito l’effetto sperato. Il punto di caduta è stato l’appuntamento previsto per giovedì prossimo quando è in programma il voto sulla relazione del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Se il voto di fiducia aveva garantito la maggioranza relativa all’esecutivo giallorosso, su Bonafede il governo rischierebbe seriamente di andare sotto. Per tale ragione Conte si è risoluto, a detta dei ben informati anche su sollecitazione dei big del Partito Democratico, a rassegnare la dimissioni.

Ma cosa accade ora? Di sicuro si tratta di una partita politica di non facile soluzione, con il Presidente Mattarella chiamato a dipanare una matassa quanto mai intricata. In primo luogo l’inquilino del Colle dovrà decidere se conferire fin da subito un nuovo mandato a Conte o se indire prima un giro di consultazioni. Tutto, comunque, lascia presagire che Mattarella – per avere un quadro puntuale della situazione – vorrà prima ascoltare le delegazioni dei partiti presenti in Parlamento. 

Al momento, evidentemente, resta complicato prevedere cosa avrà intenzione di fare Mattarella che maturerà  la propria decisione – come detto – solo dopo aver ascoltato le forze politiche e ottenuto tutti gli elementi utili. Gli scenari ipotizzabili restano comunque legati alla figura di Conte. Se dalle consultazioni dovesse venir fuori un’impossibilità di dar vita al cosiddetto ‘Conte ter‘ (che al momento resta comunque l’ipotesi più probabile), allora gli scenari che si aprirebbero sarebbero sostanzialmente quattro: un nuovo esecutivo giallorosso con un premier (verosimilmente) esterno alla coalizione; un governo a ‘maggioranza Ursula‘ (cioè un governo il cui bacino di fiducia farebbe riferimento alle forze politiche che in Europa hanno dato il loro voto per eleggere la presidente della commissione Ue Ursula Von der Leyen: Pd, Leu e M5S, che già oggi sostengono il governo Conte, con l’aggiunta di Forza Italia, i cui voti andrebbero a ‘compensare’ quelli di Italia Viva); un governo di unità nazionale guidato da una figura istituzionale che traghetti il Paese alle urne; lo scioglimento delle Camere se dovessero naufragare tutti i tentativi di dare vita a una nuova maggioranza in Parlamento.